martedì 8 gennaio 2019

La crisi di Apple dipende dalla Cina..?



Apple a rischio? Secondo gli analisti di Goldman Sachs(non proprio gli ultimi arrivati) la situazione potrebbe avere effetti catastrofici, preconizzando per il colosso di Cupertino un destino simile a quello del suo grande ex rivale Nokia, sic transit gloria mundi, sarebbe il caso di dire. “Vediamo il potenziale per una ulteriore revisione delle stime per l'anno fiscale 2019», spiega la banca d'affari, precisando che un ulteriore taglio dipenderà dall'andamento della domanda in Cina agli inizi dell'anno.
«Abbiamo messo in guardia sulla domanda cinese dalla fine di settembre e il taglio di Apple conferma» l'avvertimento: «Non ci attendiamo che la situazione migliorerà in marzo e restiamo cauti». Apple come Nokia - osserva Goldman Sachs - dipende dalla decisione dei consumatori di acquistare gli ultimi modelli dei dispositivi a disposizione: più l'economia rallenta, più la velocità dei consumatori di aggiornare i loro dispositivi rallenta.
Quello che sicuramente sta pesando sull’azienda americana, infatti, sembra essere sopratutto determinato dalla difficoltà a reggere la concorrenza degli agguerriti concorrenti cinesi, come Huawei ( secondo produttore al mondo dopo Samsung ) Xiaomi, Vivo e Oppo. Il mercato degli smartphone infatti sta calando anche in Cina, dove la Apple fatica a tenere il passo dei concorrenti, che offrono device sempre più tecnologici e di design ad un prezzo di molto inferiore ai classici melafonini. Ecco perché la politica dei dazi da parte di Trump verso la Cina, ha sicuramente aggiunto grandi motivi di preoccupazione nei piani alti della Apple.
I big della tecnologia americani hanno più volte fatto appello a Trump perché riveda le sue politiche commerciali. Dopo la nuova ondata di dazi entrata in vigore ad agosto, che colpisce beni importati dalla Cina per un valore di circa 200 miliardi di dollari, il ceo di Apple, Tim Cook, aveva più volte chiesto alla Casa Bianca di fare marcia indietro. Cook aveva sottolineato che i dazi, facendo salire i prezzi dei prodotti americani assemblati in Cina, metterà le aziende Usa in posizione di svantaggio rispetto alle aziende rivali. Inoltre secondo molti esperti, malgrado i pochi dati ufficiali raccontino un paese in costante crescita economica, nel paese del dragone i consumi interni sono in calo e per la prima volta da un decennio sono in calo anche i beni di lusso.
Certo la crisi dei telefonini non è solo in Cina e non è solo questione di Apple. Nel terzo trimestre del 2018, Samsung, infatti, ha registrato il suo più grande calo degli ultimi otto anni, secondo quanto afferma Gartner, la più importante agenzia di consulenza e ricerca nella IT. Le vendite di smartphone Samsung sono diminuite del 14% nel terzo trimestre. I Samsung Galaxy S9, S9+ e Note 9 hanno faticato a rivitalizzare la domanda nel 2018. Inoltre, i rinnovati smartphone mid ed entry-level hanno continuato a subire la concorrenza dei principali marchi cinesi.
Huawei anche grazie alla sua sottomarca più economica, Honor, ha infatti mostrato ancora il segno più. Mentre sono addirittura da record i numeri di Xiomi, l' ultimo arrivato fra I produttori cinesi,che registra un tasso di crescita nelle vendite del 32% nel penultimo trimestre dell’ anno. La Apple lamenta nel terzo trimestre una riduzione che va dal 7 al 8% di vendite di telefoni in Cina, proprio a scapito dei produttori locali. Lo stesso amministratore delegato Cook, ha ammesso, che malgrado il record di vendite natalizie, il mercato cinese e’ in calo anche perché “il contesto economico in Cina è stato ulteriormente colpito dalle crescenti tensioni commerciali con gli Stati Uniti“.
Questa è stata una affermazione che ha molto spaventato i mercati, perché ad aprile per commentare i non esaltanti dati del primo trimestre fiscale,l’amministratore delegato aveva citato a giustificazione il rallentamento di tre mercati emergenti, cioè Brasile, India e Russia. Specificando, però, che la Cina non rientrava tra le sue preoccupazioni. Ora invece è stato costretto ad ammettere l’errore di valutazione, scrivendo in una nota rivolta agli investitori che “ci aspettavamo alcune sfide in mercati emergenti chiave, ma non avevamo previsto l’entità del rallentamento dell’economia, specialmente nella Grande Cina”.
Se poi a questo, si unisce il fatto che meno persone del previsto hanno abbandonato il loro vecchio smartphone per passare ai modelli più recenti, il quadro diventa ancora più grigio. Molti sostengono che su questo influisce sicuramente anche il prezzo dell’iPhone, considerato ormai troppo alto e non giustificato dalle performance dell’ oggetto stesso. Secondo quanto ha scritto Toni Sacconaghi, senior analist di Bernstein Research Apple “sembrerebbe aver perso quote significative in Cina anche nel quarto trimestre, nonostante i nuovi lanci di prodotto. Non è la prima volta che Apple incontra problemi in Cina: questo evidenzia la volubilità dei consumatori cinesi”.
Ecco allora che la nuova promessa apertura del dialogo fra Washington e Pechino e sopratutto un esito positivo dello stesso, se può essere molto importante per tutte le grandi aziende esportatrici americane, potrebbe essere fondamentale per la società di Cupertino.

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