lunedì 11 maggio 2020

EUROPA RISCHIA IRRILEVANZA POLITICA NEL POST CORONAVIRUS



Le ricadute del coronavirus rischiano di seppellire il leit motiv iniziale della Commissione europea di Ursula Von der Leyen e il mandato di Josep Borell come alto rappresentante dell'UE per la politica estera e di sicurezza, quella di un'Europa più geopolitica. Tuttavia, poiché i paesi di tutto il mondo traggono lezioni dalla crisi e adattano le loro istituzioni a un ambiente in cui una malattia può bloccare più persone all'interno delle loro case di una guerra, è importante ricordare che il coronavirus non è né la fine del mondo né la fine della storia. Il mondo cambierà sicuramente, ma è improbabile che la geopolitica sia vittima di un virus. Pertanto, nonostante l'urgenza di ricostruire un '"Europa sanitaria" e un' "Europa economica", c'è ancora bisogno di un'Europa più geopolitica.
Le conseguenza della pandemia creano rischi per la politica estera dell'Unione europea su più fronti.
Certo, ora c'è una crisi di solidarietà ampiamente percepita tra l'Italia e altri Stati membri dell'UE. Molti Stati membri si sentono fragili e soli in questa crisi - non solo per la loro mancanza a breve termine di mascherine o ventilatori, ma anche per la sensazione che le severe misure di austerità dell'ultimo decennio, avrebbero potuto far morire di fame i sistemi sanitari dell'Europa meridionale delle risorse di cui avevano bisogno in una crisi come questa. Tutto questo inevitabilmente mina la fiducia di molti cittadini europei nelle istituzione stesse. L’Europa vene sentita sempre più come una istituzione fondamentale poco coesa e sopratutto poca collaborativa con chi ne ha più bisogno. In Italia, Grecia e Spagna soprattutto, il sentimento antieuropeo sta crescendo a dismisura in questi mesi di pandemia.
Questa crisi di solidarietà getta anche un'ombra sui tentativi dell'UE di rafforzare le sue capacità di sicurezza e difesa strategicamente autonome. Da tempo si parka di costruire una difesa comune per potere contare di più a livello internazionale. Macron è da sempre uno dei maggiori e convinti assertori della necessità di creare un forza comune che possa controbilanciare lo strapotere di Usa, Cina, ma anche di Russia e Turchia, che stanno approfittando proprio di questo vuoto per contare di più nella gestione dei delicati equilibri in medioriente. Ma questo si scontra con il poco entusiasmo tedesco, che ancora continua ad avere una sorta di egemonia su questa Europa. ( forse anche per paura di perderla). Ma il punto è che se gli Stati membri non possono fare affidamento l'uno sull'altro per l'aiuto nella lotta contro un virus, come possono farlo nel combattere un potere esterno aggressivo? Ecco allora che Stati Uniti e Cina stanno combattendo una battaglia interna per estendere la loro influenza sui paesi strategici nella Ue, come per esempio l’Italia.

Non è un caso se proprio Cina e Russia siano stati fra i primi a far giungere in piena emergenza sanitaria i loro aiuti al nostro paese. Gli Stati Uniti hanno prontamente risposto inviando sostegno economico.. Questo fa a pugni con la lentezza delle altre nazioni europee a reagire ad una crisi che si stava abbattendo con tutta la sua virulenza contro un proprio stato membro. E anche successivamente la polemica sugli aiuti e le forme di sostegno economico hanno mostrato quali e quanti contraddizioni ci siano all’ interno di una Europa mai come ora forse divisa quasi su tutto. Naturalmente, tra le lezioni chiave della crisi ci sarà che i sistemi sanitari degli stati hanno bisogno di più risorse; che le loro economie necessitano di misure di stimolo; che l'UE deve chiudere un occhio sui deficit di bilancio; e che tutti i paesi devono impegnarsi in una maggiore cooperazione internazionale per prevenire, limitare e combattere le pandemie. Dopo che la crisi sarà passata, è improbabile che il mondo diventi più cooperativo. È improbabile che poteri come Stati Uniti, Cina e Russia traggano le stesse lezioni dal coronavirus dell'UE sulla necessità di cooperazione e multilateralismo. Ed è per questo che l’Europa si troverà ad affrontare una sfida ancora più gravosa nello scacchiere geopolitico internazionale. Ma se ci arriva cosi divisa e disunita, è facile prevedere che verrà spazzata via dal tavolo geopolitico internazionale. E il fatto poi che molti paese, come appunto Italia e Spagna, mostrino al loro interno parti politiche, i 5 stelle in Italia e Podemos in Spagna, che non sembrano più considerare l’atlantismo come principio fondamentale della politica estera dei propri paesi, rende la situazione ancora più instabile. Solo se l’Europa riuscirà a far fronte comune potrà, infatti, aspirare a contare di più in tutte le situazioni di tensione e negli equilibri, mai cosi fragili della geopolitica internazionale.
Nonostante la pandemia covid-19, i piani politici geopolitici e interni nell'Europa orientale, i Balcani e il Medio Oriente, infatti, continueranno senza sosta, in modi che influenzano e spesso danneggiano gli interessi europei. In Ucraina, ci sono timori diffusi di un accordo opaco tra Kiev e Mosca su Donbas. Moldavia e Georgia si stanno preparando per elezioni assai turbolenti in autunno. Il Libano rischia di diventare una nuova polveriera, alle prese con una crisi economica e finanziaria gravissima, che ha messo il paese dei cedri sull’orlo della bancarotta. I soldati turchi continuano a morire a Idlib, anche dopo l'accordo tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il suo omologo russo, Vladimir Putin.
Dopo la crisi, l'UE dovrà affrontare gli stessi problemi geopolitici di prima. Ma, rischia di trovarsi con le “armi”spunatate al tavolo dei grandi. Per evitare questo risultato, l'UE e i suoi Stati membri devono dedicare maggiore attenzione e risorse al risparmio delle loro economie e al potenziamento della loro capacità di assistenza sanitaria, preservando nel contempo sufficiente larghezza di banda politica e capitale per creare un'Europa più geopolitica.

Ciò richiederà continui investimenti nell'UE come potenza a spettro completo, principalmente nei Balcani, nell'Europa orientale e nel Medio Oriente. E ciò, a sua volta, dipenderà dagli investimenti nelle capacità militari e di sicurezza europee dell'UE, nonché dall'assistenza ai suoi vicini nella gestione non solo delle conseguenze economiche e sanitarie del coronavirus, ma anche della costruzione della loro resilienza alla sicurezza in un ambiente geopoliticamente instabile. Ad esempio, l'UE dovrebbe impedire a un'altra mezza dozzina di vicini di seguire il Libano in condizioni di default, gettando ai paesi dei Balcani un'ancora di salvezza economica - sotto forma di prestiti a tasso zero e aiuti finanziari. L'UE potrebbe anche istituire un fondo di riserva per stabilizzare le economie dei suoi vicini in un mondo post-coronavirus. L'UE dovrebbe inoltre rinnovare la sua spinta per mitigare l'aggressione militare russa a Donbas e per rafforzare la resilienza alla sicurezza dell'Ucraina. Resta poi da chiarire il ruolo della Turchia nella guerra in Libia, in cui il nostro paese pare colpevolmente aver perso tutto il credito e l’influenza che aveva faticosamente raggiunto, sia per questioni geografiche sia per una politica estera attenta e mirata. E tutti gli Stati membri dovrebbero mostrare una maggiore disponibilità a partecipare agli sforzi della Francia per stabilizzare il Sahel. Nessuna di queste misure è benefica: sono tutte nell'interesse geopolitico dell'UE. E questi problemi non verranno risolti. Alla fine, il covid-19 non ucciderà certo la geopolitica. Anzi proprio il virus potrebbe cambiare il corso di molte questioni. I grandi si stanno preparando già ai nuovi possibili scenari. Per l’Europa questa potrebbe essere l’ultima occasione per far sentire la sua voce unita , pena la sua scontata irrilevanza a livello geopolitico.

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