Facebook, Twitter e ora anche Snapchat, che diventa l'ultimo social media in ordine temporale a perdere utenti. L'app dei messaggini che spariscono chiude il secondo trimestre con il suo primo calo dal 2011, quando è stata fondata. Il numero di utenti attivi giornalieri è sceso da 191 a 188 milioni.
Evan Spiegel, l'amministratore delegato di Snap, ha spiegato come il calo sia legato "alla minore frequenza di uso a causa del nuovo design dell'app", che è stato aspramente criticato dagli utenti, tanto che Snap ha dovuto fare una parziale marcia indietro. Dopo aver "aggiornato il nuovo design", Snapchat "sta iniziando a vedere significativi miglioramenti"
negli indicatori che misurano l'uso dell'app, in particolare da parte degli utenti di più vecchia data.
"Riteniamo di aver affrontato quelle che erano le maggiori frustrazioni espresse dai clienti, e non vediamo l'ora di compiere ulteriori progressi sulla grande opportunità che abbiamo di mostrare i contenuti giusti alle persone giuste", ha concluso Spiegel. Ma e’ indubbio che il social dei giovanissimi e’ in una crisi che pare irreversibile da almeno un anno. Ma la crisi di snapchat non è isolata, ma pare comune a tutti i principali social , Facebook in testa. Solo qualche giorno fa si è registrato il maggior crollo borsistico della storia in una sola seduta ed è stata proprio Facebook a collezionare questo poco invidiabile primato, con un crollo del 25% e una diminuzione di quasi 120 miliardi di capitalizzazione in una sola seduta a Wall Street. Tutto questo determinato da un rallentamento, che dovrebbe colpire tutti i principali indicatori, finanziari e non: utenti iscritti, fatturato, margini e utili. I ricavi di Facebook sono cresciuti del 42% rispetto al secondo trimestre 2017. Ma, nonostante abbiano centrato un nuovo record (13,23 miliardi di dollari), hanno deluso le aspettative degli analisti, che avevano indicato 13,3 miliardi. E soprattutto hanno fatto segnare un passo indietro (del 7%) rispetto al trimestre scorso. È passato in secondo piano l'utile, anch'esso al massimo storico: 5,1 miliardi di dollari. I segnali di rallentamento non sono semplici passaggi a vuoto, ma sono elementi strutturali, come ammesso da David Wehner, il responsabile finanziario di Facebook. “Il rallentamento del fatturato continuerà anche nella seconda metà del 2018” ha detto di fronte ad una platea di analisti finanziari molto preoccupati sul futuro della società di Zuckemberg. E nel 2019 le spese aumenteranno più dei ricavi, assottigliando margini e utili: in pratica riducendo quello che resta in tasca degli azionisti. Pochi giorni dopo e’ stata la volta di Twitter. I titoli in borsa, infatti sono arrivati a perdere il 17,05%. ovvero una cifra pari all'intero valore di mercato di alcuni colossi americani, fra i quali Goldman Sachs.
La società guidata da Jack Dorsey ha chiuso il secondo trimestre con un utile netto di 100,1 milioni di dollari su ricavi in crescita del 24% a 711 milioni di dollari, sopra le attese degli analisti. Ma il numero degli utenti attivi mensili cala a 355 milioni, un milione in meno rispetto ai tre mesi precedenti ma in aumento del 2,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. È davvero in atto una crisi dei social network? A guardare dati come quelli di ‘SocialMediaToday’, che rivelano quanto tempo si trascorre sui social, sembrerebbe proprio di no: i teenager spenderebbero, infatti, su piattaforme di questo tipo almeno nove ore ogni giorno e anche per i più grandi il tempo “speso” su Facebook e co. è di quasi due ore, per l’esattezza 116 minuti, al giorno. Il risultato è che, nel complesso, passiamo circa cinque anni e quattro mesi della nostra vita sui social. Ma il vero pericolo per i social network si nasconde dietro a tutti gli scandali scoppiati di recente sulle tematiche legate alla privacy e alla attendibilità degli stessi, che sembrano aver subito un colpo durissimo dagli ultimi scandali come quello di Cambridge Analytica. La sensazione di essere controllati dai giganti della Rete nei propri movimenti, seguite da casi in cui la violazione dei propri account ha avuto un effetto concreto e spiacevole per la propria vita quotidiana, sta portando una quantità sempre maggiore di utenti a condividere molto meno contenuti nei social rispetto a solo un anno fa. E questo rischia di essere il primo tassello che cade in una sorta di gioco del domino. Secondo una ricerca di Semrush in Italia suggeriscano, tra gli effetti a breve termine dell’intera vicenda mediatica, l’aumento delle ricerche legate alla cancellazione degli account. Solo nell’ultimo mese, da quando cioè è scoppiata la bolla di un uso malevolo da parte di terzi dei dati personali condivisi su Facebook, 22 mila persone in Italia avrebbero cercato “come eliminare l’account Facebook”, 40 mila hanno chiesto, invece, ai motori di ricerca “come cancellarsi da Facebook. E più in generale le stringhe di ricerca sul tema hanno superato le 68mila ricorrenza. Mentre un aumento consistente ha riguardato, più in generale, le ricerche su privacy e trattamento dei dati personali. Forse allora conviene ripensare il senso dei social. Non più un luogo virtuale dove condividere momenti della propria vita, affidando quindi agli stessi social la propria intimità, ma un la piattaforma che invece sia utile e conveniente per gli utenti. Il modello della condivisione ma mirato ad una utilità per gli utenti. Secondo alcuni esperti di web marketing servirebbe una via di mezzo fra Marketplace come Amazon e Alibaba e social media come Facebook e Twitter. Una sorta di social network degli acquisti. Perché solo in questo modo si avrebbe una vera condivisione fra utenti e social network. Ma esiste già una piattaforma di questo tipo..?Per una volta in questo senso forse il nostro paese potrebbe essere un precursore, considerando che in Italia è nato tre anni fa la piattaforma SixthContinent, che e’, secondo la definizione del suo geniale inventore Fabrizio Politi, proprio il primo social network degli acquisti. Solo il tempo potrà dirci se i social hanno bisogno di questo tipo di evoluzione per poter continuare nelle loro crescita oppure se il modello di business legato alla condivisione e’ destinato prima o poi ad essere sostituito da qualcosa di completamente differente.
vcaccioppoli@gmail.com
SixthContinent è una piattaforma ancora poco adatta secondo me, alla mentalità italiana. Il tipo social medio, italiano è colui il quale utilizza il social network come distrazione, per questo è spesso strapieno di volgarità e stupidaggini. Se poi si pensa che una buona percentuale non sa ancora inviare un allegato in email, direi che dobbiamo fare ancora molta strada ...
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