sabato 23 febbraio 2019

IL FUTURO DELLE CRIPTOVALUTE


Quasi la metà dei trader "millennial" ha più fiducia negli exchange di criptovalute rispetto ai mercati azionari tradizionali: è quanto rilevato da un nuovo studio dalla piattaforma di investimento eToro, pubblicato il 19 febbraio.
Secondo il rapporto, il 43% dei trader statunitensi appartenenti alla categoria dei "millenial" si fiderebbe di più degli exchange di valute digitali che delle tradizionali Borse. Il 93% dei soggetti intervistati ha dichiarato che avrebbe investito di più nelle valute digitali se le istituzioni finanziarie tradizionali proponessero tale opzione. Allo stesso tempo, il 71% dei millennial che non hanno mai investito in criptovalute ha affermato che se venissero offerte dalle istituzioni convenzionali potrebbero cominciare a farlo.
L'amministratore delegato di eToro Guy Hirsch ha affermato che il mercato sta assistendo ad un cambio generazionale nella fiducia, che passa dalle borse tradizionali agli exchange di valute digitali. "L'immutabilità è nativa delle blockchain e ciò rende la revisione in tempo reale ragionevole ed economica, ed è per questo che i millennial e i Gen X percepiscono gli exchange di criptovalute come meno soggetti a manipolazioni e luoghi dove i cattivi attori hanno meno possibilità di essere premiati con il denaro dei contribuenti", ha spiegato Hirsch.
L'indagine è stata condotta per conto di eToro dalla società di ricerche di mercato e strategia Provoke Insights nel settembre 2018. L'azienda ha intervistato 1.000 investitori online di età compresa tra i 20 ei 65 anni. La società rileva che il margine di errore è di circa 3 percento.
Un'altra ricerca, pubblicata lo scorso novembre, ha rivelato che gli investimenti in criptovaluta sono più popolari tra i millennial che guadagnano dai 75.000$ ai 99.999$ all'anno. L'indagine ha raccolto le risposte di oltre 1.000 americani di età compresa tra i 18 e gli 80 anni. Quasi il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver investito nelle criptovalute per via di conoscenti, e oltre il 35% è stato attirato nel mercato delle valute virtuali dalla "Fear of Missing Out" (Paura di restare tagliati fuori). Sulla scorta di tutto ciò si capisce anche come il mondo delle criptovalute possa diventare sempre più interessante anche per i colossi del credito americano. E’ di questi giorni, infatti, la notizia che JP Morgan sarà la prima grande banca mondiale a creare una proprio moneta virtuale. Si chiamerà "JPM Coin," e secondo quanto ricostruisce oggi la Cnbc servirà per il momento a gestire una piccola frazione dei quasi 6 mila miliardi di dollari che la banca muove quotidianamente in giro per il mondo per gestire le sua attività di pagamenti. Oltre ad avere questo scopo, il capo della divisione blockchain di JP Morgan, Umar Farooq, ha dichiarato che la criptovaluta JPM Coin potrebbe essere utilizzata per la creazione di securities. Ha anche rivelato che potrebbe servire come una sorta di stablecoin” per i clienti che detengono dollari statunitensi in giurisdizioni internazionali. Stando alle dichiarazioni della CNBC, ciascun JPM Coin ha un valore nominale di 1,00 dollaro statunitense e può essere scambiata per i famosi biglietti verdi“.Ma anche i colossi dell'ecommerce internazionale stanno guardando con interesse al mondo delle criptovalute. Nel rapporto finanziario per l'anno 2018, pubblicato il 12 febbraio, infatti, il colosso giapponese dell'e-commerce Rakuten ha annunciato un importante aggiornamento della sua app mobile Rakuten Pay. La nuova struttura dell'app sembra indicare il supporto ai pagamenti in criptovaluta. Secondo il materiale presentato dell'azienda, la nuova versione dell'app presenterà "tutte le soluzioni di pagamento incorporate in un'unica piattaforma". Infine secondo l’aggiornamento 2018 del White Paper on the New Middle Class, come riporta Asia Times, la critpomoneta è stata aggiunta come nuova classe di attività che occupa circa il 10% dei portafogli delle persone in Cina. Forse sarà anche per tutte queste notizie che Bitcoin, dopo mesi di forti cali nella valutazioni, è tornato a toccare la soglia psicologica dei 4000$ e per qualcuno questo potrebbe essere solo il preludio ad un nuovo importante rialzo.
 

venerdì 15 febbraio 2019

LEONARDO PRIMO ECOLOGISTA DELLA TERRA

Nell'anno in cui si festeggiano i 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, è interessante analizzare un' aspetto che forse molti non conoscono del genio del Rinascimento italiano, e cioè i suoi importanti studi sulla botanica, come spiega in un interessante libro,”Leonardo e la botanica” edito da Aboca, Fritjof Capra, fisico e teorico dei sistemi, fondatore del Center for Elicoliteracy a Berkley. Secondo lo studioso americano, infatti, Leonardo fu un grande precursore anche in campo botanico, che fino ad allora era utilizzata solo ed esclusivamente a scopo medicamentoso. Leonardo non solo rappresentò le piante nei suoi dipinti in modo accurato, ma cercò di comprendere le forze e i processi che le regolano. Sempre secondo il ricercatore, Leonardo avrebbe anche redatto un testo sulle erbe, che purtroppo è andato perduto, ma che sarebbe sicuramente all'avanguardia per i suoi tempi. A Leonardo si deve , infatti, la importante scoperta che la forma delle piante non è mai statica, ma in continua evoluzione, modellata e trasformata dai processi sottostanti. Secondo Capra lui fu il primo ad effettuare esperimenti di botanica, per dimostrare che per esempio non era vero che, come si credeva, le piante si nutrissero solo della terra per aumentare la propria massa. Leonardo, infatti, suggerì che il sole, come pure l'umidità del terreno, fossero responsabili della massa del corpo della pianta. E sempre grazie ai suoi esperimenti fu il primo che riuscì a capire il geotropismo e il fototropismo delle piante. Cioè la tendenza delle stesse a rispondere ad uno stimolo dell'ambiente circostante, che sia forza di gravità, aria o sole. E se adesso appare una ovvietà nel 1500 questo rappresentava una rivoluzione del modo di pensare la natura e i suoi fenomeni.  Al centro della teoria botanica di Leonardo troviamo i due importanti temi che appaiono anche nelle altre branche della sua scienza - le forme organiche e gli schemi della natura e i processi di metabolismo e crescita che vi sottostanno. Nei secoli successivi le investigazioni di questi due temi fecero emergere due diramazioni principali della botanica moderna, la morfologia e la fisiologia delle piante. Il termine “morfologia” fu coniato nel diciottesimo secolo dal poeta e scienziato tedesco Johann Wolfgang von Goethe, e il suo oggetto, lo studio della forma biologica, divenne la principale preoccupazione dei biologi della fine del diciottesimo e dell’inizio del diciannovesimo secolo. Lo sviluppo della fisiologia delle piante venne attivato dai grandi avanzamenti in chimica nel diciottesimo secolo. Un secolo più tardi, la perfezione del microscopio permise la crescita di una nuova branca della botanica, l’anatomia delle piante, dedicata allo studio delle strutture e delle parti delle piante, comprese le caratteristiche invisibili ad occhio nudo. Leonardo, dunque, fu un precursore di due delle tre principali branche della morfologia e la fisiologia delle piante. Nei suoi studi morfologici Leonardo osservò e registrò vari schemi di crescita e ramificazione di fiori e piante. In particolare, notò le diverse disposizioni di rami e foglie intorno al gambo - un campo di studi conosciuto nella botanica moderna come fillotassi. Nella sua fisiologia delle piante, egli era interessato in modo particolare al nutrimento delle piante attraverso la luce del sole e l’acqua, nonché al trasporto della “linfa vitale” (zucchero e ormoni nel linguaggio moderno) attraverso i tessuti delle piante. Egli distinse correttamente due tipi di tessuti vascolari conosciuti oggi come floema e xilema e fece delle acute osservazioni sui movimenti della linfa quando l’albero è leso. Leonardo fu anche il primo a riconoscere che l’età di un albero corrisponde al numero di anelli nella sezione trasversale del suo tronco, e che l’ampiezza degli anelli è collegata all’umidità o secchezza di quegli anni. Non tutte le osservazioni botaniche di Leonardo erano originali, ma egli le articolò sempre assai meglio dei suoi contemporanei. In verità, le sezioni botaniche del Trattato della pittura equivalgono a degli autentici studi di botanica teorica. Se quindi oggi conosciamo molto del mondo vegetale grande merito va sicuramente attribuito al geniale studioso italiano.

lunedì 11 febbraio 2019

MELONI LA VERA VINCITRICE IN ABRUZZO

Mentre la Lega di Salvini fa, come era ampiamente previsto, il pieno di voti alle elezioni abruzzesi, se c'è qualcuno che forse può essere ancora più contento da questa tornata amministrativa regionale, questa è sicuramente Giorgia Meloni, leader di Fdi. La “ragazza” romana con il suo accento da borgata, è riuscita in quello in cui i vari Bersani, D'Alema, Grasso e Boldrini, per citare solo gli ultimi, hanno miseramente fallito. E cioè riuscire a mantenere un piccolo partitino stabile e costante nel consenso fra la gente. Riuscendo ad imporre, come in Sicilia prima e in Abruzzo poi, candidati, ai ben più grandi partiti della propria coalizione. Ecco che allora forse può essere interessante analizzare il perchè lei riesca a tenere testa a partiti che hanno ben più ampio consenso, senza perdere né la sua identità né il suo serbatoio di consensi. Non si può, infatti, certo dire che abbia grandi potentati economici o media radiotelevisivi alle spalle, considerando come il suo volto compaia davvero pochissimo nei grandi programmi di approfondimento giornalistico o sui grandi giornali. Non si può dire che abbia nemmeno il phisique du role, sorvolando per amor di patria  sugli orrendi apprezzamenti sessisti dei tweet di Toscani. Non si può nemmeno dire che abbia personalità di spicco all'interno del suo partito, Non si può certo dire che abbia qualche simpatia nelle alte sfere del potere. Eppure lei, testarda e tenace, è sempre lì a tener testa a tutti, puntando sui contenuti della sua politica, senza fronzoli e retoriche vuote. Fa proprio della coerenza uno stile di vita ed un assioma della sua azione politica. Forse proprio queste sono le caratteristiche che le permettono da venti anni di calcare la scena politica, senza mai fare da comprimaria. Non le piace troppo la ribalta come proscenio per apparire, ma solo come strumento per enunciare le sue idee e portarle avanti con forza. Questo le ha comportato anche della decisioni difficili da prendere, che avrebbero potuto, come accaduto per molti, portarla lentamente verso l'oblio. La Meloni, infatti, ha saputo staccarsi prima dal suo “padre putativo”  politico Gianfranco Fini, e poi dall'abbraccio mortale di Silvio Berlusconi, riuscendo nella impresa di resistere alle tentazioni delle poltrone, per inseguire la sua idea, che è quella di una destra riformista che cerca di portare avanti da anni le sue battaglie per rendere questo paese migliore. Questo alla fine è stato premiante, perchè pochi come lei sono riusciti a restare fedeli ai propri principi, mettendoci spesso la faccia, come nel caso delle elezioni a Roma ( chissà quanti romani adesso la rimpiangeranno). Oppure dopo il voto del 4 Marzo, quando ognuno pensava al suo orticello, mentre lei si era offerto per superare l'impasse della formazione del nuovo governo. Non è un caso che lo stesso Di Maio abbia messo da subito un veto di fronte alla possibilità che Fdi potesse appoggiare dall'esterno, senza nulla chiedere in cambio, un nuovo governo. Il movimento 5 stelle, infatti, la vede come una rivale pericolosa su molte tematiche a loro care, primo fra tutte il reddito di cittadinanza e le grandi opere. Ma mentre tutti pensavano che quello sarebbe stato un tentativo per non rischiare, come accaduto a Leu, l'oblio, i fatti hanno dimostrato che invece si trattava di mero senso di responsabilità e di rispetto per le istituzioni. Nata nel 1977 nel quartiere della Garbatella, ha iniziato il suo impegno politico giovanissima a 15 anni fondando il coordinamento studentesco "Gli Antenati", principale motore della contestazione contro il progetto di riforma della pubblica istruzione dell'allora ministro Iervolino. Eletta al consiglio provinciale di Roma nel 1998 è stata membro della commissione Cultura, scuola e politiche giovanili fino allo scioglimento della consiliatura nel 2003. Comincia poi a crescere nelle file di An, guidato da Fini, che vedeva in lei una “ragazza con gli attributi”. Eletta per la prima volta alla camera nel 2006, due anni dopo è stata nominata ministro per le politiche giovanili, sotto il governo Berlusconi, diventando a 31 anni il ministro più giovane della storia. E' stata da sempre una accanita sostenitrice della necessita di promuovere le primarie nel centro destra, e quando ha visto che Berlusconi non aveva intenzione di concederle, ha sbattuto la porta e ha fondato, nel 2012, il suo partito con pochi transfughi ex di An come lei. Sempre critica verso le politiche di austerity di Bruxelles, si è avvicinato alla Lega di Salvini, ma sempre mantenendo stretta la sua identità politica, ed è questo che le ha permesso di mantenere in vita il suo partitino. Dopo la vittoria di Musumeci in Sicilia, candidato da lei portato avanti con la sua proverbiale costanza, anche a rischio di incrinare definitivamente  il rapporto con Forza Italia, ora con la netta vittoria di un altro suo candidato alle regionali abruzzesi, la Meloni potrebbe essere arrivata ad un punto di svolta decisivo. Le tensioni nel governo, che dopo il voto rischiano inevitabilmente di acuirsi, la mettano nella condizione di poter rappresentare una possibile via di uscita per Salvini e la Lega, ma questa volta da una posizione di forza relativa nel centrodestra, considerando lo stato comatoso in cui versa ormai Forza Italia. Non è un caso che proprio Salvini abbia sempre mantenuto un ottimo rapporto con la Meloni, mentre pare ormai interrotto il dialogo con Berlusconi. Questo perché, come detto, lei ha dalla sua la tenacia e la fedeltà ai suoi principi, che la hanno reso credibile agli occhi della gente e a quelli del prossimo possibile futuro alleato leghista. Le prossime elezioni amministrative e quelle europee ci diranno se il sogno della Meloni di tornare a contare per davvero possa diventare realtà. Ma quello che è sicuro è che in un mondo, come quello della politica nostrana,  in cui i voltagabbana e gli opportunisti nascono come i funghi dopo una giornata autunnale di pioggia, di persone come lei se ne sente un gran bisogno, al di là delle idee politiche che ognuno ha.

domenica 10 febbraio 2019

LA FELICITA’ SI COSTRUISCE A TAVOLA

E' partito da Roma il consueto tour organizzato da Aboca dedicato alla buona salute che quest'anno ha come protagonista l'intestino.  Roma, Bologna, Torino, Firenze, Napoli, Salerno, Fano, Trieste, Milano e Como queste le tappe dell'evento che ha come obiettivo quello di fare educazione sulla relazione intestino-tono dell'umore per portare le persone verso una alimentazione sana e sopratutto consapevole. Sul palco il professore Luigi Rossi, specialista in Scienza dell'Alimentazione e in Igiene e Medicina Preventiva, docente all' Universita di Bologna e di San Marino in Alimentazione. Il professore, intervistato da Patrizio Roversi, noto volto della Tv. “La gioia, la felicità la tristezza nascono da ciò che mangiamo e non soltanto dai condizionamenti psicologici, sociali e affettivi che ci riguardano” afferma il professore Rossi nel suo ultimo libro edito da Aboca “L'intestino, il senso senso del corpo”.  Secondo la tesi del dottore infatti la medicina parte da un errore di base che è quello di continuare a rifarsi alla versione verticale del corpo di cartesiana memoria. Ogni branchia della medicina è infatti legata ad un organo. Ma tutti gli organi sono legati fra di loro e perciò è sbagliato curare un singolo organo senza considerare i legami che esso può avere con altri organi. Ecco perchè la scienza dell'alimentazione è sempre stata molto poco considerata. “Ogni volta che ingeriamo degli alimenti” scrive Rossi “ nel nostro corpo ha luogo un evento biologico che , a partire dall'intestino, coinvolge l'intero organismo. L'intestino è in grado di modulare il sistema nervoso centrale ( volontario ed involontario ) il sistema immunitario, il sistema ormonale e l'intero metabolismo cellulare.” Ecco perchè bisogna uscire dallo schema mentale delle calorie. Il cervello è in definitiva strettamente correlato al nostro intestino. Alcuni principi fondamentali della cultura medica orientale mettono proprio l'intestino al centro dell'universo-corpo e questo a parere del dott. Rossi deriva proprio dal superamento delle teorie cartesiane della verticalità dei nostri organi. Dall'intestino partono impulsi che possono provocare sensibili cambiamenti dell'umore. Ecco che allora quello che mangiamo diventa fondamentale non solo per una questione di salute ma anche di benessere mentale. Ma la rivoluzione agricola industriale ha provocato delle profonde modifiche nella composizione dell'alimentazione attuale rispetto al passato. Da una dieta ad alto contenuto di carboidrati complessi me fibre alimentari si è, infatti, passati a una dieta contenente un'alta percentuale di grassi e carboidrati semplici, cereali raffinati, zuccheri, oli vegetali. La zootecnia intensiva inoltre ha generato un'offerta di carne con elevato contenuto di grassi saturi. E i grassi saturi possono invalidare la salute del cervello aumentando il rischio di malattie mentali e altri disturbi metabolici, compreso il diabete e le malattie cardiovascolari. Una dieta a base di questi nutrienti ha, infatti, fatto sviluppare nel microbiota umano batteri aggressivi, responsabili della produzione di lipopolissaccaride che crea nel cervello depressione, tristezza, tono dell'umore negativo, apatia affaticamento, mal di schiena. Ecco perchè diventa fondamentale acquisire consapevolezza di ciò che si mangia. Occorre prima di tutto conoscere l'intestino per cambiare le abitudini alimentari errate, per una vita sana e più equilibrata a livello mentale. L'intestino, infatti, influenza il nostro tono dell'umore, essendo presenti cellule che agiscono sulla produzione della serotonina, chiamata anche “ormone del buon umore”. Il nuovo metodo del dott. Rossi, durante le 10 tappe, in giro per l'Italia, accompagnerà le persone nella scelta della giusta alimentazione, permettendo a ciascuno di sviluppare una vera e propria strategia alimentare in base alle proprie personali risposte al cibo. Insomma un appuntamento da non perdere per preservare la nostra salute fisica e quella mentale.

giovedì 7 febbraio 2019

PODEMOS: STRANI INTRECCI CON IL REGIME DI MADURO..?


Fra tutti coloro che si sono schierati con Maduro, uno fra i più convinti difensori del dittatore venezuelano è stato sicuramente Pablo Iglesias, capo del partito spagnolo di estrema sinistra “Podemos”. Ma secondo alcune fonti giornalistiche citate dal quotidiano online Ok diario, questa difesa sarebbe dovuta a motivi che poco hanno a che fare con la democrazia e con il rispetto della volontà popolare, come affermato dall'esponente politico spagnolo, subito dopo il colpo di mano di Gaudiò, autoproclamatosi presidente in pectore. Secondo il procuratore venezuelano, con passaporto spagnolo, in esilio da quattro anni, Miguel Ángel Martín Tortabú, Maduro, infatti, avrebbe dei conti segreti di svariate centinaia di milioni di dollari nella isola caraibica di Granadinas, casualmente lo stesso paradiso fiscale, in cui sarebbe stato effettuato un pagamento a Iglesias di 273.000 dollari nel 2014. Esattamente nel marzo di quell'anno, infatti, a soli due mesi dalla fondazione della sua nuova formazione politica, il leader della sinistra spagnola avrebbe ricevuto su un conto a lui intestato un bonifico di 272.325 dollari. Il pagamento sarebbe stato dovuto per non meglio precisate consulenze che Iglesias avrebbe svolto nel paese venezuelano su tematiche sociali. Il pagamento fu effettuato per conto del ministro dell'economia e finanze del popolo Rodolfo Clemente Marco Torres. Secondo quella che è la tesi del procuratore venezuelano, acerrimo oppositore del regime Maduro, questi soldi invece servirono a finanziare la propaganda politica del partito di Iglesias, e facevano parte di un preciso progetto di finanziamento verso tutti i principali partiti di sinistra in Europa. A quanto risulta da alcune fonti giornalistiche differenti comunque Iglesias e Juan Carlos Manadero, cofondatore di Podemos, lavorarono diversi mesi a Caracas, nel 2013, per occuparsi anche dell'immagine della compagnia petrolifera PDVSA, nei giorni scorsi colpita da un pacchetto di sanzioni molto dure da parte dell'amministrazione americana. La stessa società sarebbe tra le altre cose coinvolta nello scandalo Oldebrecht, che ha sconvolto nei mesi scorsi la politica brasiliana, determinando anche l'incriminazione dell'ex presidente Lula. E' tutto regolare- si è affermato ma commentare Iglesias- si tratta di soldi pagati per consulenze retribuite. Podemos non è mai stata finanziata da Chavez”. Sarà anche cosi, resta il fatto che sui rapporti fra lui e Cahvez prima e Maduro dopo, sono anni che si rincorrono voci piuttosto controverse in merito proprio alla possibilità che il partito spagnolo abbia ricevuto finanziamenti più o meno leciti dal Venezuela. Stando alle dichiarazioni del leader spagnolo, il i soldi ricevuti da Maduro proveniva appunto da una consulenza svolta per i governi di Venezuela, Ecuador, Bolivia e Nicaragua sulla possibilità di creare una moneta unica per l'Alba, l'alleanza bolivariana delle Americhe. Uno studio di due anni, per i quali sarebbe stato pagato con il professore Manadero circa 200 mila euro all'anno. Secondo il quotidiano el Economista, invece dal 2013 al 2016 Podemos avrebbe ricevuto finanziamenti, tramite la fondazione CEPS, ora non più attiva, per oltre 8 milioni di euro dal regime venezuelano. Secondo alcuni, Podemos sarebbe addirittura una vera e propria emanazione del chavismo in Spagna. Il progetto pilota da esportare prima in Gran Bretagna, non è assolutamente un mistero che ci siano legami piuttosto stretti fra Jeremy Corbyn e lo stesso Maduro, e di seguito fra i principali partiti di estrema sinistra nel resto di Europa. Insomma i dubbi restano e la difesa che Iglesias ha fatto di Chavez prima e Maduro ora, certamente non aiuta a dissipare i tanti misteri che circolano da tempo sui rapporti fra Podemos e il regime di sinistra venezuelano


sabato 2 febbraio 2019

LA DECRESCITA FELICE DEI 5S PARTE DALLA CHIUSURA DOMENICALE DEI NEGOZI


Il dato dell'Istat che ha certificato che il paese è in recessione tecnica, anche se aspettato, ha comunque fatto capire che occorre una svolta per non rischiare un nuovo pericolosissimo avvitamento dell'economia. Dai dati rilasciati dall 'istituto di ricerca italiano, si evince che questo calo trimestrale del PIL, il secondo consecutivo, è determinato sopratutto da un raffreddamento dei consumi interni. Se, infatti, l'export continua a reggere, grazie alla capacità dei nostri imprenditori di vendere i propri prodotti all'estero, il dato che continua a preoccupare e a pesare sul PIL è proprio quello legato ai consumi interni, che continuano a ristagnare. E proprio alla luce di questo dato che appare davvero fuori luogo se non addirittura, almeno per alcuni, sconsiderata la decisione di chiudere le attività commerciali di domenica per buona parte dell'anno. Le reazioni, infatti, sono tutt'altro che positive. La Codacons di recente ha affermato che “Se il Governo vuole uccidere il commercio in Italia, l’iter avviato è sicuramente quello giusto. Una fetta consistente di negozi riesce a sopravvivere proprio grazie agli acquisti che i consumatori fanno nei giorni di festa, quando cioè le famiglie sono libere di uscire e girare per le vie dello shopping e i centri commerciali”.
Vietare le aperture domenicali e nei giorni festivi, secondo l'associazione dei consumatori, si tradurrebbe in una condanna a morte per migliaia e migliaia di piccoli esercizi, in un momento storico in cui appunto i consumi sono già al palo. Ma anche dalla parte dei commercianti le reazioni sono state tutt'altro che positive, se si pensa che la Confimprese ha lamentato che la chiusura domenicale “porterebbe alla perdita di 150mila posti di lavoro, pari al 5% dell’attuale occupazione nel retail, con particolare riferimento all’occupazione giovanile e femminile che il settore riesce, in controtendenza rispetto ai dati del sistema Paese, a creare. “ D'altra parte i dati di Federdistribuzione parlano chiaro: circa 19,5 milioni di persone acquistano la domenica; 12 milioni nella sola Distribuzione Moderna Organizzata e 6 milioni di persone mediamente frequentano i centri commerciali la domenica. Ma al di là di quelle che possono essere le motivazioni di una simile decisione resta il fatto che certamente l'impatto non sarebbe positivo, in un quadro che già volge verso il peggio. Sia sul piano occupazione:  L’industria dei centri commerciali nel suo complesso impiega 553.000 persone, pari a 400 milioni di euro in maggiori stipendi. La cancellazione delle aperture nei giorni festivi colpirebbe almeno 40.000 lavoratori (nel solo settore dei centri commerciali). Sia su quello dei consumi, che subirebbero un ulteriore calo, considerando come ormai lo shopping nel giorno di festa sia diventata quasi una prassi per molti italiani. Secondo Oscar Farinetti, fondatore della famosa catena di negozi alimentari, la decisione avrebbe addirittura effetti “catastrofici” considerando che "perderemmo un sacco di posti di lavoro. I negozi fisici vanno tenuti aperti quando la gente ha tempo di venire. Altrimenti vincerà l'online. Ho parlato con i giovani che lavorano da Eataly, al 90% giudicano una follia chiudere i negozi alla domenica e sono pronti a lavorare, anche perché si guadagna un po' di più, mi sembra il 30% “. Il re dell'alimentazione arriva a prevedere una perdita del 15% di fatturato, irrecuperabile, e diverse centinaia di posti di lavoro. Inoltre questa decisione avrebbe l'effetto di alimentare ulteriormente il commercio online, con grande gioia dei colossi stranieri del settore. La questione è quindi assai delicata, ma certo è che la giustificazione dei 5 stelle, secondo cui lavorare la domenica avrebbe effetti deleteri sulla armonia della vita delle famiglie coinvolte, anche se magari condivisibile dovrebbe essere rapportata al danno economico che ne avrebbe il settore retail. Secondo alcune stime preliminari una decisione simile porterebbe, infatti, un calo del 13% del fatturato con una perdita secca di entrare per quasi 34 miliardi di euro solo il primo anno. E gli esuberi potrebbero variare dalle 70.000 alle 130.00 unità. Questo almeno il quadro che emerge da uno recentissimo studio realizzato da Bain & Company sempre per Confimprese.  Ecco perchè, visto che gli stessi esponenti del movimento, sono cosi attenti a fare le analisi costi-benefici sulle grandi opere, sarebbe il caso anche in questo caso forse di analizzare meglio il rapporto fra costi e benefici. E' indubbio poi che la decisione di chiudere la domenica darebbe un duro colpo ad un settore, come quello degli outlet che appare ancora in discreta salute generando nei suoi 27 centri sparsi sul territorio nazionale fatturato ed occupazione, e buona parte di questo realizzato proprio di Domenica. Restano quindi molti dubbi sul fatto che questa decisione possa avere effetti benefici sulla qualità della vita di molte famiglie. A parte il fatto che ormai i centri commerciali sono diventati per molte famiglie sempre più come un polo di attrazione, tutto sommato economico, dove passare qualche ora spensierata nel weekend. Ma sopratutto, come abbiamo visto, questo porterebbe una inevitabile perdita di migliaia di posti di lavoro, si avrebbero effetti disastrosi su centinaia d famiglie, che oltre alla domenica avrebbero anche gli altri sei giorni per stare insieme, ma senza stipendio non crediamo che l'effetto sarebbe quello di creare armonia al loro interno. A meno che non si voglia aumentare la già abbastanza vasta platea degli aventi diritto al reddito di cittadinanza. Con quali fondi non è dato a sapersi. 

venerdì 1 febbraio 2019

MADURO: ECCO PERCHE' CINA E RUSSIA LO DIFENDONO


Ma perchè Putin e il suo omologo cinese Xi Jing difendono con tanta veemenza il regime dittatoriale di Maduro, contro tutto e tutti? Sicuramente c'è una questione di geopolitica, volendo porre un freno al dilagare della destra nel continente sudamericano, che rischia di ricadere pesantemente sotto l'influenza degli Stati Uniti. Dal 2005 a oggi,infatti, la Cina ha fornito ai paesi dell’America Latina prestiti per 150 miliardi di dollari e ha consolidato i rapporti politici ed economici anche con Brasile, Argentina, Cile, Cuba, Ecuador, Bolivia. Pechino ha inoltre esteso al subcontinente i progetti infrastrutturali delle nuove vie della seta, iniziativa a guida cinese che originariamente riguardava solo l’Eurasia. Uruguay, Panama, Costa Rica e Trinidad e Tobago hanno già preso accordi con la Repubblica Popolare per diventare snodi della rotta marittima e il Venezuela ha espresso più volte la volontà di partecipare all’iniziativa. Chiaro che questi progetti non possono che infastidire Trump e l'America che da sempre considera il Sudamerica un po' come il “cortile di casa”
Ma quello che davvero spinge Cina e Russia a difendere Maduro sono certamente interessi di natura meramente economica. I due paesi, infatti, insieme a Cuba sono i maggiori finanziatori del regime e quindi i principali creditori dello stesso. In America Latina cercano da tempo di assicurarsi parte delle risorse -soprattutto energetiche e alimentari – indispensabili ai loro progetti di sviluppo. Approfittando delle periodiche neutralità degli Stati Uniti e dell’incapacità europea di agire coerentemente in favore delle non trascurabili e possibili sinergie con l’America Latina, che funzionerebbero anche come fattore di rafforzamento degli istituti democratici. Il Venezuela con le sua immense riserve petrolifere è sempre stato un paese cardine di tutta l'area. Stati Uniti e i due giganti dell'est da tempo stanno combattendo una guerra sotterranea sul paese, e la politica estera piuttosto morbida, a tratti quasi al limite del disinteresse, da parte di Obama, ha permesso a russi e cinesi di allargare molto la loro sfera di influenza sul regime chavista.
Il petrolio e le ricche riserve di materie prime come il gas, oltre alla possibilità di ottenere il diritto alla ricerca e sfruttamento di nuovi potenziali giacimenti, rimangono quindi gli elementi determinanti della vicenda. Ecco perchè sia Russia che Cina si sono immediatamente schierati con Maduro, difendendo il suo diritto di governare essendo stato “democraticamente” eletto ed hanno duramente condannato le sanzioni imposte dagli Stati Uniti. Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa Reuters, Lavrov ha detto che le sanzioni equivalgono a un tentativo da parte degli Stati Uniti di confiscare i beni dello stato venezuelano, secondo quanto riferito da agenzie di stampa russe. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha aggiunto che le restrizioni sono di fatto “interferenze non mascherate negli affari interni (del Venezuela)”, e quindi “illegali”. La Cina ha espresso la sua opposizione alle sanzioni, sostenendo che gli Stati Uniti dovrebbe assumersi la responsabilità delle loro azioni. Il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang ha sottolineato che l’esperienza storica ha dimostrato che le interferenze straniere “rendono solo le situazioni più complicate”. Ma tutte queste prese di posizione in realtà nasconderebbero solo dei meri interessi economici, Secondo Bloomberg, infatti, solo negli ultimi 20 anni la Russia avrebbe prestato al Venezuela 17 miliardi di dollari, gran parte dei quali canalizzati tramite il colosso petrolifero di Stato Rosfnet. La Cina, che ha investito negli ultimi 12 anni circa 70 miliardi di dollari, dopo Usa ed India, è il terzo maggior importatore di petrolio venezuelano. Se si aggiunge che il Venezuela con il 73% del totale è il maggior importatore di armi russe dell'intero Sudamerica, ecco che sia Putin che Xi Jinping hanno tutto l'interesse che il loro referente rimanga al proprio posto il più a lungo possibile, o almeno fino a che non vengano rassicurati dal potenziale successore sul rispetto dei loro diritti nel paese e sopratutto sulla rassicurazione che i grandi crediti accumulati vengano comunque ripagati. Fino ad ora Gaudio sembra non avere affatto queste caratteristiche per russi e cinesi. Ecco allora che Maduro appare, ai loro occhi, come il male minore.