lunedì 11 febbraio 2019

MELONI LA VERA VINCITRICE IN ABRUZZO

Mentre la Lega di Salvini fa, come era ampiamente previsto, il pieno di voti alle elezioni abruzzesi, se c'è qualcuno che forse può essere ancora più contento da questa tornata amministrativa regionale, questa è sicuramente Giorgia Meloni, leader di Fdi. La “ragazza” romana con il suo accento da borgata, è riuscita in quello in cui i vari Bersani, D'Alema, Grasso e Boldrini, per citare solo gli ultimi, hanno miseramente fallito. E cioè riuscire a mantenere un piccolo partitino stabile e costante nel consenso fra la gente. Riuscendo ad imporre, come in Sicilia prima e in Abruzzo poi, candidati, ai ben più grandi partiti della propria coalizione. Ecco che allora forse può essere interessante analizzare il perchè lei riesca a tenere testa a partiti che hanno ben più ampio consenso, senza perdere né la sua identità né il suo serbatoio di consensi. Non si può, infatti, certo dire che abbia grandi potentati economici o media radiotelevisivi alle spalle, considerando come il suo volto compaia davvero pochissimo nei grandi programmi di approfondimento giornalistico o sui grandi giornali. Non si può dire che abbia nemmeno il phisique du role, sorvolando per amor di patria  sugli orrendi apprezzamenti sessisti dei tweet di Toscani. Non si può nemmeno dire che abbia personalità di spicco all'interno del suo partito, Non si può certo dire che abbia qualche simpatia nelle alte sfere del potere. Eppure lei, testarda e tenace, è sempre lì a tener testa a tutti, puntando sui contenuti della sua politica, senza fronzoli e retoriche vuote. Fa proprio della coerenza uno stile di vita ed un assioma della sua azione politica. Forse proprio queste sono le caratteristiche che le permettono da venti anni di calcare la scena politica, senza mai fare da comprimaria. Non le piace troppo la ribalta come proscenio per apparire, ma solo come strumento per enunciare le sue idee e portarle avanti con forza. Questo le ha comportato anche della decisioni difficili da prendere, che avrebbero potuto, come accaduto per molti, portarla lentamente verso l'oblio. La Meloni, infatti, ha saputo staccarsi prima dal suo “padre putativo”  politico Gianfranco Fini, e poi dall'abbraccio mortale di Silvio Berlusconi, riuscendo nella impresa di resistere alle tentazioni delle poltrone, per inseguire la sua idea, che è quella di una destra riformista che cerca di portare avanti da anni le sue battaglie per rendere questo paese migliore. Questo alla fine è stato premiante, perchè pochi come lei sono riusciti a restare fedeli ai propri principi, mettendoci spesso la faccia, come nel caso delle elezioni a Roma ( chissà quanti romani adesso la rimpiangeranno). Oppure dopo il voto del 4 Marzo, quando ognuno pensava al suo orticello, mentre lei si era offerto per superare l'impasse della formazione del nuovo governo. Non è un caso che lo stesso Di Maio abbia messo da subito un veto di fronte alla possibilità che Fdi potesse appoggiare dall'esterno, senza nulla chiedere in cambio, un nuovo governo. Il movimento 5 stelle, infatti, la vede come una rivale pericolosa su molte tematiche a loro care, primo fra tutte il reddito di cittadinanza e le grandi opere. Ma mentre tutti pensavano che quello sarebbe stato un tentativo per non rischiare, come accaduto a Leu, l'oblio, i fatti hanno dimostrato che invece si trattava di mero senso di responsabilità e di rispetto per le istituzioni. Nata nel 1977 nel quartiere della Garbatella, ha iniziato il suo impegno politico giovanissima a 15 anni fondando il coordinamento studentesco "Gli Antenati", principale motore della contestazione contro il progetto di riforma della pubblica istruzione dell'allora ministro Iervolino. Eletta al consiglio provinciale di Roma nel 1998 è stata membro della commissione Cultura, scuola e politiche giovanili fino allo scioglimento della consiliatura nel 2003. Comincia poi a crescere nelle file di An, guidato da Fini, che vedeva in lei una “ragazza con gli attributi”. Eletta per la prima volta alla camera nel 2006, due anni dopo è stata nominata ministro per le politiche giovanili, sotto il governo Berlusconi, diventando a 31 anni il ministro più giovane della storia. E' stata da sempre una accanita sostenitrice della necessita di promuovere le primarie nel centro destra, e quando ha visto che Berlusconi non aveva intenzione di concederle, ha sbattuto la porta e ha fondato, nel 2012, il suo partito con pochi transfughi ex di An come lei. Sempre critica verso le politiche di austerity di Bruxelles, si è avvicinato alla Lega di Salvini, ma sempre mantenendo stretta la sua identità politica, ed è questo che le ha permesso di mantenere in vita il suo partitino. Dopo la vittoria di Musumeci in Sicilia, candidato da lei portato avanti con la sua proverbiale costanza, anche a rischio di incrinare definitivamente  il rapporto con Forza Italia, ora con la netta vittoria di un altro suo candidato alle regionali abruzzesi, la Meloni potrebbe essere arrivata ad un punto di svolta decisivo. Le tensioni nel governo, che dopo il voto rischiano inevitabilmente di acuirsi, la mettano nella condizione di poter rappresentare una possibile via di uscita per Salvini e la Lega, ma questa volta da una posizione di forza relativa nel centrodestra, considerando lo stato comatoso in cui versa ormai Forza Italia. Non è un caso che proprio Salvini abbia sempre mantenuto un ottimo rapporto con la Meloni, mentre pare ormai interrotto il dialogo con Berlusconi. Questo perché, come detto, lei ha dalla sua la tenacia e la fedeltà ai suoi principi, che la hanno reso credibile agli occhi della gente e a quelli del prossimo possibile futuro alleato leghista. Le prossime elezioni amministrative e quelle europee ci diranno se il sogno della Meloni di tornare a contare per davvero possa diventare realtà. Ma quello che è sicuro è che in un mondo, come quello della politica nostrana,  in cui i voltagabbana e gli opportunisti nascono come i funghi dopo una giornata autunnale di pioggia, di persone come lei se ne sente un gran bisogno, al di là delle idee politiche che ognuno ha.

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