La parabola ascendente di Vox, la formazione di destra nazionalista e
sovranista di Santi Abascal, ha moltissime analogie con il partito
della Meloni in Italia, di cui non a caso è alleato in Europa. Vox,
secondo tutti, infatti, è il vero vincitore delle ultime elezioni
spagnole, avendo raddoppiato i propri consensi rispetto ad Aprile, e
in Italia Fratelli d'Italia, alle ultime elezioni umbre, è stato
l'unico portato a guadagnare consensi, ed è ormai dato ad oltre il
9% dei consensi a livello nazionale. Ecco che allora le elezioni
spagnole forse possono essere utili per cercare di spiegare il perchè
del successo di queste due formazioni cosi simili fra loro sia nella
forma che nella sostanza. La prima analogia riscontrabile è
sicuramente riscontrabile nella loro formazione. Fdi, infatti nasce,
per cosi dire, dalla decisione di Giorgia Meloni di staccarsi da
Alleanza nazionale e fondare un nuovo partito che potesse distinguersi
da Forza Italia, cosi come Vox è nata da una scissione del suo
fondatore Abascal dal paludato Partito popolare spagnolo, che non
rappresentava al meglio quelle che erano le sue idee piu radicali.
Ambedue perciò hanno rischiato e si sono lanciati in una sfida, ed
adesso possono dire a ragione e con orgoglio di averla vinta, alla
faccia di tutti coloro, ed erano tanti sia in Spagna che in Italia,
che preconizzavano per loro un futuro nell’oblio. Nati quasi come
una sfida all'establishment imperante, sono riusciti, infatti, in
pochissimo tempo a ritagliarsi un ruolo importante nello schieramento
politico dei due paesi. La recente visita di Settembre di Abascal
alla festa di Fdi a Roma, ha dimostrato quanti e quali siano i punti
di contato fra i due partiti. Il discorso di Abascal ad Atreju ha
ottenuto, non a caso, ovazioni ed applausi a scena aperta, secondi
solo a quelli riservati alla leader Giorgia Meloni. Questo perchè da
tempi, i due paesi hanno al loro interno problemi e contraddizioni
molti simili. La Spagna deve affrontare, come il nostro paese, una
immigrazione che pare ormai essere fuori controllo ( in Italia
Salvini a dir il vero era riuscito, con le maniere forti a
contenerla, un po' come aveva fatto Rajoy in Spagna ) ha al suo
interno delle spinte autonome fortissime come la questione Catalana,
ma anche quella basca, stanno dimostrando in questi mesi. Il nostro
paese con la questione meridionale, da questo punto di vista, ha
sicuramente contrasti meno accentuati, ma certo è che, anche se
attutita, le spinte autonomistiche di alcune regioni del nord
sembrano tornate prepotentemente di attualità. Abascal è
fermissimo nel difendere le tradizioni e i valori del paese, come la
difesa della corrida per esempio dimostra, la stessa Meloni cerca da
sempre di difendere gli ideali i costumi e le tradizioni che
contraddistinguono il nostro paese. La questione della immigrazione
poi è un tratto comune della politica dei due paesi, che per la loro
posizione geografica rappresentano il primo approdo per i disperati
che scappano dai paesi del Nord Africa. La questione sicurezza è poi
da tempo argomento chiave sia per Vox che per Fratelli d'Italia. I
due partiti poi cercano di rappresentare le esigenze della classe
produttiva, che anche in Spagna come in Italia, deve far fronte ad
una burocrazia statale troppo oppressiva ed invadente. Infine la
lotta alla politica dell' austerità dell'Europa sui conti pubblici e
alla invece carente politica comune di difesa degli interessi
nazionali, come per esempio nel caso dei prodotti agricoli dei due
paesi, stritolati dalla concorrenza sleale di altri paesi con il
beneplacito silente delle istituzioni europee ( memorabile in questo
senso il discorso di Luglio di Abscal al parlamento per difendere i
coltivatori di olio e i produttori agricoli spagnoli in genere contro
la concorrenza sleale di produttori africani e sudamericani). Non c'è
da stupirsi allora se sia Vox in Spagna, che Fdi in Italia, siano
riusciti in cosi poco tempo a ritagliarsi uno spazio importante nel
panorama politico. Ambedue, infatti, sono riusciti, con grande
maestria a colmare quel vuoto a cui i partiti tradizionali, per
diversi motivi, non sono stati in grado di dare voce. Molta gente si
sente rappresentata da chi dimostra di non scendere a compromessi con
nessuno. Si sentono liberi di votarli, non solo per protesta, come
qualche intellettuale potrebbe argomentare, ma anche perchè sente in
loro chi effettivamente parla lo stesso linguaggio. Altri partiti,
invece sono percepiti come distanti, o impegnati a governarsi al loro
interno più che a governare e rappresentare le istanze dei
cittadini. In Spagna il Psoe, come in Italia, il pd, infatti, sembra
da anni alla ricerca di una propria identità. Sia Sanchez come prima
Renzi in Italia, sono sempre oggetto di contrasti della nomenclatura
del partito nei loro confronti. Questo perchè ambedue i leader hanno
cercato in forme modi differente di smarcarsi da quella che è il
pensiero comune del partito, che però rimane avvolto in una sorta di
contraddizione perenne su quali siano le linee programmatiche e sul
come perseguirle. Una delle principali colpe che si addebitano a
Sanchez, oltre ad una sostanziale inadeguatezza nel prendere di petto
le situazioni, è propria quella incapacità nel portare avanti con
forza e decisione una propria linea ( forse proprio a causa delle
ostilità interne al suo stesso partito). Per il leader spagnolo si
fa riferimento sopratutto alla questione catalana, ma che in campo
economico, il suo atteggiamento spesso contraddittorio, nel tentativo
di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, ha finito per
deteriorare la fiducia delle imprese, dei mercati ed perfino di parte
del suo elettorato. I recenti dati economici, ultimo quello sulla
disoccupazione di Ottobre, hanno mostrato un economia in deciso
rallentamento. Il Pd in Italia ha commesso identico errore, prima,
durante il governo Renzi, con la politica ondivaga sugli immigrati,
fra la fermezza di Minniti da una parte e l'accondiscendenza verso i
partner europei del premier dall'altra, e poi adesso con l'assurdo
teatrino delle misure fiscali della manovra finanziaria, prima
approvate in pompa magna e poi ridiscusse o ritirate. Vox e Fratelli
d'Italia, invece, piaccia o meno la loro politica, hanno una
direzione e la seguono costi quel che costi. Il successo elettorale
nasce proprio da qui. Viene evidentemente apprezzata proprio questa
coerenza, che in politica è solitamente merce rara. Infine il fatto
che due partiti nati dal basso come Ciudadanos in Spagna, e il
movimento 5 stelle in Italia, stiano ambedue attraversando una crisi
gravissima, rafforza ancora di più questa tesi che premia chi in
politica ha una sua idea precisa, chiara e lineare, senza inutili e
incomprensibili giravolte. Sia Cs che il M5S, infatti, sembrano aver
smarrito la loro natura costitutiva. Il loro affannarsi nel
rincorrere gli altri partiti su un sentiero che non era quello loro,
è apparso agli elettori come una sorta di tradimento, essi sono
apparsi come una copia sbiadita dei partiti tradizionali. E in
politica come nella vita alla copia è sempre meglio l'originale.
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lunedì 11 novembre 2019
venerdì 8 novembre 2019
FORSE SAREBBE IL CASO DI SCUSARSI CON SALVINI
Con la triste questione dell’Ilva, che preoccupa giustamente anche
il Quirinale, si è forse definitivamente rotto il fragilissimo
equilibrio che teneva insieme una maggioranza di governo, nata più
che altro per frenare l’ascesa elettorale della Lega di Salvini ed
evitare una debacle al voto. Fatta questa premessa, molti
commentatori, analisti ed osservatori dovrebbero forse delle scuse
proprio al leader della Lega, accusato troppo in fretta di avere
fatto un autogol clamoroso, aprendo la crisi del governo gialloverde.
Tutto questo assurdo teatrino fra il Pd e i 5 stelle, intorno alla
gestione di una crisi ( senza dimenticare le tante giravolte su
plastic tax, auto aziendali e partite iva) che porterebbe un danno
enorme a tutta l’economia, gia fragile, del paese, dimostra appunto
due cose. La prima è che il movimento 5 stelle ha una vecchia idea
retrogada dello sviluppo economico di un paese, figlio di una
ideologia, che ormai è superata e che si basa sul concetto che la
crescita e l’imprenditoria sono fattori da combattere e non da
agevolare. La seconda invece è che Salvini ancora una volta si è
dimostrato un politico di razza e lungimirante, altro che un fesso
ormai destinato al declino, come troppi preconizzavano a fine Agosto.
Il voto in Umbria ne è stata la plastica dimostrazione. Salvini e il
centrodestra sono piu forti che mai, e questo proprio grazie alla
politica litigiosa, arruffona e pasticciona di questo governo. I 5
stelle hanno fallito sia come forza creata dal basso ( viene da
sorridere a vedere come sono attaccati alla poltrone, altro che
democrazia del popolo e ricambio generazionale) e sia come forza che
doveva e poteva portare un vero cambiamento nel panorama politico
italiano. Con il loro arrivo nelle stanze dei bottoni hanno
dimostrato, oltre che una scarsa attitudine al dialogo e al
compromesso, una incapacità di fondo a capire quali siano le
priorità per un paese difficile come il nostro dal punto di vista
economico. Inoltre le lotte intestine all’ interno del movimento
hanno fatto emergere come invece che portare il cambiamento, siano
stati inglobati nella nomenclatura, come e peggio dei vecchi partiti
tradizionali. La litigiosità del governo giallorosso è iniziato da
subito, ma d’altronde le premesse non facevano presagire nulla di
buono, considerando che i due “leader” ( Zingaretti e Di Maio)
fossero proprio i meno convinti di questa alleanza. Ma d’altra
parte questo governo basato su una contraddizione di fondo,
mascherata con la manfrina di evitare l’aumento dell’Iva ( a
lungo termine una eventuale chiusura dell’ Ilva o anche una
nazionalizzazione, sarebbero molto più dannosi che un aumento di
qualche punto dell’iva) che era quella appunto di mettere insieme
una maggioranza poco coesa ed unita, che difficilmente avrebbe potuto
coesistere. Forse però nessuno pensava che si arrivasse a questo
punto, nemmeno il leader della Lega in cuor suo, poteva auspicare che
da una situazione oggettivamente difficile, potesse ricavarne un
simile vantaggio in termini elettorali, e in cosi poco tempo. Salvini
aveva capito, forse prima di tutti, che la convivenza con i 5 stelle
non sarebbe potuta durare, ma ha voluto strenuamente e stoicamente
andare avanti, per senso di responsabilità e perchè credeva comunque
di riuscire a portare avanti alcune importanti istanze della lega. Ma
quando si è reso conto che andava a sbattere contro un muro, ha
preferito sparigliare il campo. Forse, ma questa è una pura boutade,
in cuor suo sapeva bene che non gli avrebbero concesso il voto, ma ha
voluto rischiare, calcolando che un eventuale governo pd e 5 stelle
lo avrebbe comunque favorito a lungo andare. E’ cosi è
puntualmente avvenuto, dal suo punto di vista, forse anche oltre
ogni più rosea aspettativa. Ora il dado è tratto e la stessa
finalità con la quale era nato questo governo si sta velocemente
ritorcendo contro: non solo stanno salendo i consensi di Salvini, e
quelli della sempre più convincente Meloni e del suo partito
stabilmente intorno al 9 %, ma persino Forza Italia, che sembrava
ormai inesorabilmente destinata ad un declino irreversibile, sembra
cominciare a vedere una luce in fondo al tunnel. Occorre perciò
essere onesti con se stessi e prendere atto di quello che è la
realtà delle cose, come già sembra stia facendo in queste ore
Zingaretti, forse anche per fare una volta tanto uno sgambetto a
Renzi. La maggioranza non solo non è in grado di arrivare al 2023,
ma addirittura, se appunto la crisi Ilva dovesse acuirsi, risulta
difficile persino pensare alla sua sopravvivenza al cruciale
appuntamento del voto in Emilia Romagna del 26 Gennaio prossimo. Il
Quirinale è stato netto e su questo, conoscendo la serietà e la
responsabilità del capo dello Stato, non ci saranno tentennamenti di
sorta. Se non verrà trovata una soluzione alla minacciata chiusura
dello stabilimento tarantino, la parola non potrà che tornare al
popolo. Non è difficile pronosticare a quel punto un trionfo ancora
maggiore del centrodestra, rispetto a quello che si sarebbe avuto con
un ricorso alle urne dopo al crisi agostana. Come al solito insomma
il pd credendo di essere il più furbo, si è per l’ennesima volta
gettato la zappa sui piedi, in perfetto stile Tafazzi. E il “fesso”
Salvini intanto se la ride sotto i baffi. Sic transit gloria mundi.
giovedì 7 novembre 2019
ARRIVA LA LIBERALIZZAZIONE DEL MERCATO ENERGETICO
Da
luglio
2020 ci
sarà l'abolizione
delle tariffe elettriche e del gas del
servizio di maggior tutela, ovvero avverrà il completo passaggio
al mercato libero dell'energia.
In altre parole, i clienti in maggior tutela non potranno più pagare
la luce ed il gas al prezzo del tutelato, ma dovranno scegliere un
fornitore del libero
mercato.
Negli anni 90 il Dl.
n. 79 del 16 marzo 1999 (decreto
Bersani) ha avviato la liberalizzazione
del mercato.
Tale decreto, che recepiva ufficialmente le indicazioni della
direttiva comunitaria del 1996 volta alla creazione del Mercato
Unico dell'energia in Europa,
ha portato ad una graduale liberalizzazione
delle attività di
produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita
di
energia elettrica. Dal
luglio 2007 il mercato dell'energia in Italia è liberalizzato,
ogni fornitore cioè può decidere di entrare sul mercato in
qualsiasi momento e gli utenti possono liberamente decidere a quale
fornitore rivolgersi.Secondo l'ultima relazione annuale Arera (
autorità per la regolazione per Energia reti ed Ambiente), gli
italiani interessati a questo passaggio sono poco
meno di 17 milioni:
per cui circa la metà delle utenze in Italia, che si stima in 30
milioni, dovrà obbligatoriamente passare alle offerte del Mercato
Libero
entro luglio 2020. In alternativa entrerà nel cosidetto mercato di
salvaguardia.I
clienti
domestici del mercato a
maggior tutela,
ad oggi, rappresentano il 57%
delle quote del mercato.
Questo vuol dire che il mercato libero sta avanzando, è passato dal
49 al 53% dal 2017 al 2018. Questo perche frose non è ancora stato
ben chiarito la differenza fra le due tipologie di mercati. Molti non
effettuano lo switch, perche non sono stati bene informati su cosa
significhi la liberalizzazione del mercato energetico. Con il mercato
tutelato,
i consumatori hanno accesso all’energia alle condizioni economiche
e contrattuali fissate dall’autorità per l’energia.
Concretamente, la “tutela” è la condizione che garantisce, a
tutti quei consumatori che non hanno ancora aderito al mercato
libero, contratti energetici in cui il prezzo dell’energia è
calibrato trimestralmente da ARERA (Autorità di Regolazione per
Energia Reti e Ambienti) in base all’oscillazione del valore delle
materie prime sul mercato. Con
il mercato libero, invece, non
ci sarà più l’authority di Stato a controllare i costi
dell’energia e il mercato sarà determinato dalle società
elettriche che offriranno, in concorrenza tra loro, diverse soluzioni
contrattuali ai consumatori. Gli utenti perciò sceglieranno
l’operatore che offre le tariffe migliori secondo
le loro esigenze e con il prezzo determinato appunto dalla
concorrenza tra operatori e dall’incrocio tra domanda e offerta.
Questo quindi cpome di solito avviene dovrebbe portare sicuramente
benefici agli utenti, perché inevitabilmente maggiore concorrenza
produce quasi sempre un abbattimento dei costi per i consumatori. Ma
occore però avere delle accortezze per evitare che si possa finire
nelle mani di qualche operatore senza scrupolo. Ecco che allora che
diventa determinante scegliere con cura il fornitore del servizio, Ma
anche la tecnologia potrebbe forse aiutare i clienti a districarsi in
un mare di offerte. Per esempio la blockchain, la nuova innovativa
tecnologia decentralizzata, potrebbe essere una soluzione ottimale
per garantire che il servizio possa avere tutti crismi di sicurezza e
garanzia del caso. Ma ad oggi nessun operatore ancora esiste sul
mercato che possa offrire un servizio di erogazione di energia e gas
in blockchain, ma non è detto che in futuro cio non possa accadere.
martedì 5 novembre 2019
PLASTIC TAX CLAMOROSO AUTOGOL DEL GOVERNO
La plastic tax rischia di
entrare prepotentemente anche nella prossima campagna elettorale in
Emilia Romagna. Il grido di allarme è arrivato dal governatore
uscente del Pd, Bonancini:“In
Emilia-Romagna il piano regionale plastic free lo stiamo condividendo
anche con le imprese del settore, studiando meccanismi di
compensazione e incentivi che non danneggino il comparto, per una
svolta ecologica assolutamente necessaria, ma che non deve colpire
imprese e lavoro; la stessa logica di gioco di squadra dovrebbe
essere adottata a livello nazionale” ha detto il governatore,
sottolineando come proprio la regione emiliana sarebbe quella
maggiormente a livello produttivo da una tassa, che pare sempre più
come il classico autogol della sinistra. Basta infatti dare uno
sguardo ai numeri del comparto produttivo per capire come questa
tassa porterebbe maggiori danni rispetto ai benefici ipotetici a
livello ambientale. Il settore, infatti, comprende nel nostro paese
circa 11.000 imprese, che rappresentano un fatturato di 30 miliardi
di euro. Di queste ben 5.000 sono quelle attive nella prima
trasformazione, Nel corso del 2018 sono stati trasformati circa 5,8
milioni di tonnellate di resine termoplastiche ai quali si aggiungono
circa 1 milione di plastiche riciclate provenienti dal riciclo, in
cui il nostro paese è ai primi posti in Europa. Gli occupati infine
sono oltre 30.000 in tutto il paese. Ecco allora che mettere una
tassa sulla plastica non può che non influire sia sulle aziende e
sia sui consumatori in maniera sicuramente piu pesante rispetto ai
benefici che si avrebbero dal punto di vista delle entrate statali.
Se il tanto rinnovamento verde promesso dal neo ministro
dell’Economia di concerto con il ministro dell’ambiente Costa
comincia da qui, esistono seri motivi di preoccupazione.
L’Osservatorio
Nazionale Federconsumatori ha calcolato che, se come è facilmente
ipotizzabile verrà scaricata in larga parte sui prezzi finali dei
prodotti con imballaggi
in plastica,
ogni famiglia dovrà far fronte ad una maggiorazione della spesa di
138,77 Euro annui. Ma chiaramente questa tassa non andrà a colpire
solo i consumatori ma anche i produttori come lamenta confindustria:
“La misura non ha finalità ambientali, penalizza i prodotti e non
i comportamenti, e rappresenta unicamente un’imposizione diretta a
recuperare risorse ponendo ingenti costi a carico di consumatori,
lavoratori e imprese. Le imprese già oggi pagano il contributo
ambientale Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in
plastica per 450 milioni di euro all’anno, 350 dei quali vengono
versati ai Comuni per garantire la raccolta differenziata”, afferma
la confederazione degli industriali, secondo cui questa tassa sarebbe
“una sorta di doppia imposizione e – come tale – sarebbe
ingiustificata sia sotto il profilo ambientale che economico e
sociale”. Insomma un gran pasticcio all’italiana. Non si può
definire in altro modo mascherare tassa che porta gettito in maniera
diretta, semplice ed immediata, per un contributo ambientale quando
già esso esiste. Inoltre la nostra industria eccelle in quanto a
sviluppo di nuove plastiche biodegradabili e di riciclo, che da sole
contribuiscono a creare una nicchia di eccellenza produttiva, come fa
notare il presidente di Federchimica Lamberti, quando afferma che “
l’industria chimica in Italia, negli ultimi 10 anni, ha aumentato
del 70% la quota di personale dedicato alla ricerca". Secondo
gli esperti quindi sembra davvero non capirsi la ratio di una tassa
iniqua e miope, che rischia anzi di andare oltretutto nella direzione
esattamente opposta a
quella annunciata, perché si indebolisce le imprese, si aumentano i
costi per i consumatori e non si incide positivamente
sui comportamenti, mettendo invece a rischio la possibilità di
trovare soluzioni serie, efficaci e sostenibili a livello ambientale.
Un’altra conseguenza del tributo infatti è che come detto,
colpirebbe anche gli imballaggi realizzati con materiale riciclato
andando a penalizzare gli enormi sforzi che le imprese stanno
compiendo per la completa transizione verso l’economia circolare,
sottraendo inoltre importanti risorse per gli investimenti in
sostenibilità ambientale. Quindi sarebbe il caso di dire oltre al
danno la beffa. Senza contare che già la comunità economica europea
ha messo la bando la plastica monouso dal 2021. Quindi si tratterebbe
di una tassa anche di breve respiro e perciò con una ridotta
incidenza sul bilancio statale. Ma allora perché è stato fatto?
Qualcuno ben informato dalle parti del governo, ha avanzato una
ipotesi stravagante e forse un po' azzardata, ma che in questa
politica un po' irrazionale potrebbe anche avere un senso. La plastic
tax colpendo un comparto che è molto forte proprio in Emilia
Romagna, potrebbe servire come grimaldello da utilizzare alla vigilia
del voto ( non a caso la tassa dovrebbe partire da Giugna 2020). Un
eventuale ripensamento sulla legge proprio in prossimità della
competizione elettorale, infatti, potrebbe dare un impulso alla
campagna elettorale del centrosinistra, che spiazzerebbe la
opposizione e darebbe nuovo vigore alla azione del governo locale
uscente a guida Pd, che potrebbe prendersi il merito di avere fatto
cambiare idea al Governo. Ma questo oltre che assai scorretto
moralmente, potrebbe anche rivoltarsi contro chi avrebbe avuto
l’ardire di utilizzare la leva fiscale a meri fini elettorali.
Certo qualcuno sicuramente potrà dire che si tratti di
fantapolitica, ma qualcuno solo due mesi non avrebbe definito
fantapolitica la nascita di un governo formato da una alleanza fra Pd
e cinquestelle.