lunedì 11 novembre 2019

VOX E FRATELLI DI ITALIA GEMELLI D'EUROPA



La parabola ascendente di Vox, la formazione di destra nazionalista e sovranista di Santi Abascal, ha moltissime analogie con il partito della Meloni in Italia, di cui non a caso è alleato in Europa. Vox, secondo tutti, infatti, è il vero vincitore delle ultime elezioni spagnole, avendo raddoppiato i propri consensi rispetto ad Aprile, e in Italia Fratelli d'Italia, alle ultime elezioni umbre, è stato l'unico portato a guadagnare consensi, ed è ormai dato ad oltre il 9% dei consensi a livello nazionale. Ecco che allora le elezioni spagnole forse possono essere utili per cercare di spiegare il perchè del successo di queste due formazioni cosi simili fra loro sia nella forma che nella sostanza. La prima analogia riscontrabile è sicuramente riscontrabile nella loro formazione. Fdi, infatti nasce, per cosi dire, dalla decisione di Giorgia Meloni di staccarsi da Alleanza nazionale e fondare un nuovo partito che potesse distinguersi da Forza Italia, cosi come Vox è nata da una scissione del suo fondatore Abascal dal paludato Partito popolare spagnolo, che non rappresentava al meglio quelle che erano le sue idee piu radicali. Ambedue perciò hanno rischiato e si sono lanciati in una sfida, ed adesso possono dire a ragione e con orgoglio di averla vinta, alla faccia di tutti coloro, ed erano tanti sia in Spagna che in Italia, che preconizzavano per loro un futuro nell’oblio. Nati quasi come una sfida all'establishment imperante, sono riusciti, infatti, in pochissimo tempo a ritagliarsi un ruolo importante nello schieramento politico dei due paesi. La recente visita di Settembre di Abascal alla festa di Fdi a Roma, ha dimostrato quanti e quali siano i punti di contato fra i due partiti. Il discorso di Abascal ad Atreju ha ottenuto, non a caso, ovazioni ed applausi a scena aperta, secondi solo a quelli riservati alla leader Giorgia Meloni. Questo perchè da tempi, i due paesi hanno al loro interno problemi e contraddizioni molti simili. La Spagna deve affrontare, come il nostro paese, una immigrazione che pare ormai essere fuori controllo ( in Italia Salvini a dir il vero era riuscito, con le maniere forti a contenerla, un po' come aveva fatto Rajoy in Spagna ) ha al suo interno delle spinte autonome fortissime come la questione Catalana, ma anche quella basca, stanno dimostrando in questi mesi. Il nostro paese con la questione meridionale, da questo punto di vista, ha sicuramente contrasti meno accentuati, ma certo è che, anche se attutita, le spinte autonomistiche di alcune regioni del nord sembrano tornate prepotentemente di attualità. Abascal è fermissimo nel difendere le tradizioni e i valori del paese, come la difesa della corrida per esempio dimostra, la stessa Meloni cerca da sempre di difendere gli ideali i costumi e le tradizioni che contraddistinguono il nostro paese. La questione della immigrazione poi è un tratto comune della politica dei due paesi, che per la loro posizione geografica rappresentano il primo approdo per i disperati che scappano dai paesi del Nord Africa. La questione sicurezza è poi da tempo argomento chiave sia per Vox che per Fratelli d'Italia. I due partiti poi cercano di rappresentare le esigenze della classe produttiva, che anche in Spagna come in Italia, deve far fronte ad una burocrazia statale troppo oppressiva ed invadente. Infine la lotta alla politica dell' austerità dell'Europa sui conti pubblici e alla invece carente politica comune di difesa degli interessi nazionali, come per esempio nel caso dei prodotti agricoli dei due paesi, stritolati dalla concorrenza sleale di altri paesi con il beneplacito silente delle istituzioni europee ( memorabile in questo senso il discorso di Luglio di Abscal al parlamento per difendere i coltivatori di olio e i produttori agricoli spagnoli in genere contro la concorrenza sleale di produttori africani e sudamericani). Non c'è da stupirsi allora se sia Vox in Spagna, che Fdi in Italia, siano riusciti in cosi poco tempo a ritagliarsi uno spazio importante nel panorama politico. Ambedue, infatti, sono riusciti, con grande maestria a colmare quel vuoto a cui i partiti tradizionali, per diversi motivi, non sono stati in grado di dare voce. Molta gente si sente rappresentata da chi dimostra di non scendere a compromessi con nessuno. Si sentono liberi di votarli, non solo per protesta, come qualche intellettuale potrebbe argomentare, ma anche perchè sente in loro chi effettivamente parla lo stesso linguaggio. Altri partiti, invece sono percepiti come distanti, o impegnati a governarsi al loro interno più che a governare e rappresentare le istanze dei cittadini. In Spagna il Psoe, come in Italia, il pd, infatti, sembra da anni alla ricerca di una propria identità. Sia Sanchez come prima Renzi in Italia, sono sempre oggetto di contrasti della nomenclatura del partito nei loro confronti. Questo perchè ambedue i leader hanno cercato in forme modi differente di smarcarsi da quella che è il pensiero comune del partito, che però rimane avvolto in una sorta di contraddizione perenne su quali siano le linee programmatiche e sul come perseguirle. Una delle principali colpe che si addebitano a Sanchez, oltre ad una sostanziale inadeguatezza nel prendere di petto le situazioni, è propria quella incapacità nel portare avanti con forza e decisione una propria linea ( forse proprio a causa delle ostilità interne al suo stesso partito). Per il leader spagnolo si fa riferimento sopratutto alla questione catalana, ma che in campo economico, il suo atteggiamento spesso contraddittorio, nel tentativo di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, ha finito per deteriorare la fiducia delle imprese, dei mercati ed perfino di parte del suo elettorato. I recenti dati economici, ultimo quello sulla disoccupazione di Ottobre, hanno mostrato un economia in deciso rallentamento. Il Pd in Italia ha commesso identico errore, prima, durante il governo Renzi, con la politica ondivaga sugli immigrati, fra la fermezza di Minniti da una parte e l'accondiscendenza verso i partner europei del premier dall'altra, e poi adesso con l'assurdo teatrino delle misure fiscali della manovra finanziaria, prima approvate in pompa magna e poi ridiscusse o ritirate. Vox e Fratelli d'Italia, invece, piaccia o meno la loro politica, hanno una direzione e la seguono costi quel che costi. Il successo elettorale nasce proprio da qui. Viene evidentemente apprezzata proprio questa coerenza, che in politica è solitamente merce rara. Infine il fatto che due partiti nati dal basso come Ciudadanos in Spagna, e il movimento 5 stelle in Italia, stiano ambedue attraversando una crisi gravissima, rafforza ancora di più questa tesi che premia chi in politica ha una sua idea precisa, chiara e lineare, senza inutili e incomprensibili giravolte. Sia Cs che il M5S, infatti, sembrano aver smarrito la loro natura costitutiva. Il loro affannarsi nel rincorrere gli altri partiti su un sentiero che non era quello loro, è apparso agli elettori come una sorta di tradimento, essi sono apparsi come una copia sbiadita dei partiti tradizionali. E in politica come nella vita alla copia è sempre meglio l'originale.

venerdì 8 novembre 2019

FORSE SAREBBE IL CASO DI SCUSARSI CON SALVINI


Con la triste questione dell’Ilva, che preoccupa giustamente anche il Quirinale, si è forse definitivamente rotto il fragilissimo equilibrio che teneva insieme una maggioranza di governo, nata più che altro per frenare l’ascesa elettorale della Lega di Salvini ed evitare una debacle al voto. Fatta questa premessa, molti commentatori, analisti ed osservatori dovrebbero forse delle scuse proprio al leader della Lega, accusato troppo in fretta di avere fatto un autogol clamoroso, aprendo la crisi del governo gialloverde. Tutto questo assurdo teatrino fra il Pd e i 5 stelle, intorno alla gestione di una crisi ( senza dimenticare le tante giravolte su plastic tax, auto aziendali e partite iva) che porterebbe un danno enorme a tutta l’economia, gia fragile, del paese, dimostra appunto due cose. La prima è che il movimento 5 stelle ha una vecchia idea retrogada dello sviluppo economico di un paese, figlio di una ideologia, che ormai è superata e che si basa sul concetto che la crescita e l’imprenditoria sono fattori da combattere e non da agevolare. La seconda invece è che Salvini ancora una volta si è dimostrato un politico di razza e lungimirante, altro che un fesso ormai destinato al declino, come troppi preconizzavano a fine Agosto. Il voto in Umbria ne è stata la plastica dimostrazione. Salvini e il centrodestra sono piu forti che mai, e questo proprio grazie alla politica litigiosa, arruffona e pasticciona di questo governo. I 5 stelle hanno fallito sia come forza creata dal basso ( viene da sorridere a vedere come sono attaccati alla poltrone, altro che democrazia del popolo e ricambio generazionale) e sia come forza che doveva e poteva portare un vero cambiamento nel panorama politico italiano. Con il loro arrivo nelle stanze dei bottoni hanno dimostrato, oltre che una scarsa attitudine al dialogo e al compromesso, una incapacità di fondo a capire quali siano le priorità per un paese difficile come il nostro dal punto di vista economico. Inoltre le lotte intestine all’ interno del movimento hanno fatto emergere come invece che portare il cambiamento, siano stati inglobati nella nomenclatura, come e peggio dei vecchi partiti tradizionali. La litigiosità del governo giallorosso è iniziato da subito, ma d’altronde le premesse non facevano presagire nulla di buono, considerando che i due “leader” ( Zingaretti e Di Maio) fossero proprio i meno convinti di questa alleanza. Ma d’altra parte questo governo basato su una contraddizione di fondo, mascherata con la manfrina di evitare l’aumento dell’Iva ( a lungo termine una eventuale chiusura dell’ Ilva o anche una nazionalizzazione, sarebbero molto più dannosi che un aumento di qualche punto dell’iva) che era quella appunto di mettere insieme una maggioranza poco coesa ed unita, che difficilmente avrebbe potuto coesistere. Forse però nessuno pensava che si arrivasse a questo punto, nemmeno il leader della Lega in cuor suo, poteva auspicare che da una situazione oggettivamente difficile, potesse ricavarne un simile vantaggio in termini elettorali, e in cosi poco tempo. Salvini aveva capito, forse prima di tutti, che la convivenza con i 5 stelle non sarebbe potuta durare, ma ha voluto strenuamente e stoicamente andare avanti, per senso di responsabilità e perchè credeva comunque di riuscire a portare avanti alcune importanti istanze della lega. Ma quando si è reso conto che andava a sbattere contro un muro, ha preferito sparigliare il campo. Forse, ma questa è una pura boutade, in cuor suo sapeva bene che non gli avrebbero concesso il voto, ma ha voluto rischiare, calcolando che un eventuale governo pd e 5 stelle lo avrebbe comunque favorito a lungo andare. E’ cosi è puntualmente avvenuto, dal suo punto di vista, forse anche oltre ogni più rosea aspettativa. Ora il dado è tratto e la stessa finalità con la quale era nato questo governo si sta velocemente ritorcendo contro: non solo stanno salendo i consensi di Salvini, e quelli della sempre più convincente Meloni e del suo partito stabilmente intorno al 9 %, ma persino Forza Italia, che sembrava ormai inesorabilmente destinata ad un declino irreversibile, sembra cominciare a vedere una luce in fondo al tunnel. Occorre perciò essere onesti con se stessi e prendere atto di quello che è la realtà delle cose, come già sembra stia facendo in queste ore Zingaretti, forse anche per fare una volta tanto uno sgambetto a Renzi. La maggioranza non solo non è in grado di arrivare al 2023, ma addirittura, se appunto la crisi Ilva dovesse acuirsi, risulta difficile persino pensare alla sua sopravvivenza al cruciale appuntamento del voto in Emilia Romagna del 26 Gennaio prossimo. Il Quirinale è stato netto e su questo, conoscendo la serietà e la responsabilità del capo dello Stato, non ci saranno tentennamenti di sorta. Se non verrà trovata una soluzione alla minacciata chiusura dello stabilimento tarantino, la parola non potrà che tornare al popolo. Non è difficile pronosticare a quel punto un trionfo ancora maggiore del centrodestra, rispetto a quello che si sarebbe avuto con un ricorso alle urne dopo al crisi agostana. Come al solito insomma il pd credendo di essere il più furbo, si è per l’ennesima volta gettato la zappa sui piedi, in perfetto stile Tafazzi. E il “fesso” Salvini intanto se la ride sotto i baffi. Sic transit gloria mundi.

giovedì 7 novembre 2019

ARRIVA LA LIBERALIZZAZIONE DEL MERCATO ENERGETICO


Da luglio 2020 ci sarà l'abolizione delle tariffe elettriche e del gas del servizio di maggior tutela, ovvero avverrà il completo passaggio al mercato libero dell'energia. In altre parole, i clienti in maggior tutela non potranno più pagare la luce ed il gas al prezzo del tutelato, ma dovranno scegliere un fornitore del libero mercato. Negli anni 90 il Dl. n. 79 del 16 marzo 1999 (decreto Bersani) ha avviato la liberalizzazione del mercato. Tale decreto, che recepiva ufficialmente le indicazioni della direttiva comunitaria del 1996 volta alla creazione del Mercato Unico dell'energia in Europa, ha portato ad una graduale liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica. Dal luglio 2007 il mercato dell'energia in Italia è liberalizzato, ogni fornitore cioè può decidere di entrare sul mercato in qualsiasi momento e gli utenti possono liberamente decidere a quale fornitore rivolgersi.Secondo l'ultima relazione annuale Arera ( autorità per la regolazione per Energia reti ed Ambiente), gli italiani interessati a questo passaggio sono poco meno di 17 milioni: per cui circa la metà delle utenze in Italia, che si stima in 30 milioni, dovrà obbligatoriamente passare alle offerte del Mercato Libero entro luglio 2020. In alternativa entrerà nel cosidetto mercato di salvaguardia.I clienti domestici del mercato a maggior tutela, ad oggi, rappresentano il 57% delle quote del mercato. Questo vuol dire che il mercato libero sta avanzando, è passato dal 49 al 53% dal 2017 al 2018. Questo perche frose non è ancora stato ben chiarito la differenza fra le due tipologie di mercati. Molti non effettuano lo switch, perche non sono stati bene informati su cosa significhi la liberalizzazione del mercato energetico. Con il mercato tutelato, i consumatori hanno accesso all’energia alle condizioni economiche e contrattuali fissate dall’autorità per l’energia. Concretamente, la “tutela” è la condizione che garantisce, a tutti quei consumatori che non hanno ancora aderito al mercato libero, contratti energetici in cui il prezzo dell’energia è calibrato trimestralmente da ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti) in base all’oscillazione del valore delle materie prime sul mercato. Con il mercato libero, invece, non ci sarà più l’authority di Stato a controllare i costi dell’energia e il mercato sarà determinato dalle società elettriche che offriranno, in concorrenza tra loro, diverse soluzioni contrattuali ai consumatori. Gli utenti perciò sceglieranno l’operatore che offre le tariffe migliori secondo le loro esigenze e con il prezzo determinato appunto dalla concorrenza tra operatori e dall’incrocio tra domanda e offerta. Questo quindi cpome di solito avviene dovrebbe portare sicuramente benefici agli utenti, perché inevitabilmente maggiore concorrenza produce quasi sempre un abbattimento dei costi per i consumatori. Ma occore però avere delle accortezze per evitare che si possa finire nelle mani di qualche operatore senza scrupolo. Ecco che allora che diventa determinante scegliere con cura il fornitore del servizio, Ma anche la tecnologia potrebbe forse aiutare i clienti a districarsi in un mare di offerte. Per esempio la blockchain, la nuova innovativa tecnologia decentralizzata, potrebbe essere una soluzione ottimale per garantire che il servizio possa avere tutti crismi di sicurezza e garanzia del caso. Ma ad oggi nessun operatore ancora esiste sul mercato che possa offrire un servizio di erogazione di energia e gas in blockchain, ma non è detto che in futuro cio non possa accadere.



martedì 5 novembre 2019

PLASTIC TAX CLAMOROSO AUTOGOL DEL GOVERNO


La plastic tax rischia di entrare prepotentemente anche nella prossima campagna elettorale in Emilia Romagna. Il grido di allarme è arrivato dal governatore uscente del Pd, Bonancini:In Emilia-Romagna il piano regionale plastic free lo stiamo condividendo anche con le imprese del settore, studiando meccanismi di compensazione e incentivi che non danneggino il comparto, per una svolta ecologica assolutamente necessaria, ma che non deve colpire imprese e lavoro; la stessa logica di gioco di squadra dovrebbe essere adottata a livello nazionale” ha detto il governatore, sottolineando come proprio la regione emiliana sarebbe quella maggiormente a livello produttivo da una tassa, che pare sempre più come il classico autogol della sinistra. Basta infatti dare uno sguardo ai numeri del comparto produttivo per capire come questa tassa porterebbe maggiori danni rispetto ai benefici ipotetici a livello ambientale. Il settore, infatti, comprende nel nostro paese circa 11.000 imprese, che rappresentano un fatturato di 30 miliardi di euro. Di queste ben 5.000 sono quelle attive nella prima trasformazione, Nel corso del 2018 sono stati trasformati circa 5,8 milioni di tonnellate di resine termoplastiche ai quali si aggiungono circa 1 milione di plastiche riciclate provenienti dal riciclo, in cui il nostro paese è ai primi posti in Europa. Gli occupati infine sono oltre 30.000 in tutto il paese. Ecco allora che mettere una tassa sulla plastica non può che non influire sia sulle aziende e sia sui consumatori in maniera sicuramente piu pesante rispetto ai benefici che si avrebbero dal punto di vista delle entrate statali. Se il tanto rinnovamento verde promesso dal neo ministro dell’Economia di concerto con il ministro dell’ambiente Costa comincia da qui, esistono seri motivi di preoccupazione. L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha calcolato che, se come è facilmente ipotizzabile verrà scaricata in larga parte sui prezzi finali dei prodotti con imballaggi in plastica, ogni famiglia dovrà far fronte ad una maggiorazione della spesa di 138,77 Euro annui. Ma chiaramente questa tassa non andrà a colpire solo i consumatori ma anche i produttori come lamenta confindustria: “La misura non ha finalità ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti, e rappresenta unicamente un’imposizione diretta a recuperare risorse ponendo ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese. Le imprese già oggi pagano il contributo ambientale Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica per 450 milioni di euro all’anno, 350 dei quali vengono versati ai Comuni per garantire la raccolta differenziata”, afferma la confederazione degli industriali, secondo cui questa tassa sarebbe “una sorta di doppia imposizione e – come tale – sarebbe ingiustificata sia sotto il profilo ambientale che economico e sociale”. Insomma un gran pasticcio all’italiana. Non si può definire in altro modo mascherare tassa che porta gettito in maniera diretta, semplice ed immediata, per un contributo ambientale quando già esso esiste. Inoltre la nostra industria eccelle in quanto a sviluppo di nuove plastiche biodegradabili e di riciclo, che da sole contribuiscono a creare una nicchia di eccellenza produttiva, come fa notare il presidente di Federchimica Lamberti, quando afferma che l’industria chimica in Italia, negli ultimi 10 anni, ha aumentato del 70% la quota di personale dedicato alla ricerca". Secondo gli esperti quindi sembra davvero non capirsi la ratio di una tassa iniqua e miope, che rischia anzi di andare oltretutto nella direzione esattamente opposta a quella annunciata, perché si indebolisce le imprese, si aumentano i costi per i consumatori e non si incide positivamente sui comportamenti, mettendo invece a rischio la possibilità di trovare soluzioni serie, efficaci e sostenibili a livello ambientale. Un’altra conseguenza del tributo infatti è che come detto, colpirebbe anche gli imballaggi realizzati con materiale riciclato andando a penalizzare gli enormi sforzi che le imprese stanno compiendo per la completa transizione verso l’economia circolare, sottraendo inoltre importanti risorse per gli investimenti in sostenibilità ambientale. Quindi sarebbe il caso di dire oltre al danno la beffa. Senza contare che già la comunità economica europea ha messo la bando la plastica monouso dal 2021. Quindi si tratterebbe di una tassa anche di breve respiro e perciò con una ridotta incidenza sul bilancio statale. Ma allora perché è stato fatto? Qualcuno ben informato dalle parti del governo, ha avanzato una ipotesi stravagante e forse un po' azzardata, ma che in questa politica un po' irrazionale potrebbe anche avere un senso. La plastic tax colpendo un comparto che è molto forte proprio in Emilia Romagna, potrebbe servire come grimaldello da utilizzare alla vigilia del voto ( non a caso la tassa dovrebbe partire da Giugna 2020). Un eventuale ripensamento sulla legge proprio in prossimità della competizione elettorale, infatti, potrebbe dare un impulso alla campagna elettorale del centrosinistra, che spiazzerebbe la opposizione e darebbe nuovo vigore alla azione del governo locale uscente a guida Pd, che potrebbe prendersi il merito di avere fatto cambiare idea al Governo. Ma questo oltre che assai scorretto moralmente, potrebbe anche rivoltarsi contro chi avrebbe avuto l’ardire di utilizzare la leva fiscale a meri fini elettorali. Certo qualcuno sicuramente potrà dire che si tratti di fantapolitica, ma qualcuno solo due mesi non avrebbe definito fantapolitica la nascita di un governo formato da una alleanza fra Pd e cinquestelle.