Alle 23 della sera del 21 Marzo arriva l'ennesimo comunicato da parte del premier Conte sulla sua pagina Facebook. Al di là della scelta del canale comunicativo utilizzato per fare comunicazioni cosi importanti alla nazione, sicuramente poco ortodosso, lascia ancora una volta piuttosto esterrefatti la mancanza di certezze e di una informazione diretta ed univoca a cittadini sempre spaventati, stanchi e incerti, dopo lunghi giorni di “quarantena “ a domicilio, senza ancora nessuna certezza sul domani.
Persino la bibbia della sinistra mondiale, l’autorevole New York Times, ha scritto una durissimo articolo contro la gestione della crisi a livello comunicativo da parte del governo “Se l'esperienza italiana mostra qualcosa, è che le misure per isolare le aree colpite e limitare la circolazione delle persone devono essere rapide, messe in atto con chiarezza e rigorosamente applicate”. Parole durissime, che stridono contro l'innegabile sforzo che stanno facendo milioni di connazionali chiusi, per lo più diligentemente, in casa da settimane. Ma il duro pezzo del giornale americano esprime chiaramente quella che è la sensazione di molti su come sia stata gestita la crisi in questo ultimo mese da parte del governo italiano.
A cominciare dalla prima sottovalutazione da parte di chi adesso invece chiede il massimo rigore ( come non citare Nardella e il suo “abbracciamo un cinese” o il presidente della Regione Toscana che non riteneva necessaria alcuna quarantena per chi tornava dalla Cina, o ancora la discutibile scelta di organizzare un aperitivo da parte di Zingaretti a Milano, dopo i primi casi di infezione a Codogno). I leader sono definiti tali proprio perché si dovrebbero distinguere dalla massa, riuscendo a gestire in maniera controllata le situazioni più difficili e sconvenienti, prendendo decisioni anche dure ed impopolari quando e se serve.
La democrazia certo non permette di assumere misure drastiche come quelle adottate nella città cinese di Whuan, focolaio da cui tutto sarebbe nato, ma nemmeno gestire il tutto con questo stucchevole tira e molla fra governo, imprese, opposizioni e governatori regionali, sulle misure più adeguate da prendere per contenere il virus. Proprio nei momenti di grande difficoltà un leader deve avere la capacità di comunicare in maniera chiara ed univoca quello che sta facendo per il bene pubblico, senza incertezze, ascoltando tutti ma assumendo lui in prima persona il gravoso compito di decidere per tutti.
Altrimenti si rischia di creare solo confusione ed incertezza a tutti i livelli organizzativi, che non può che portare nocumento e rallentare la risoluzione della gravissima emergenza. Sono tanti, forse troppi, invece gli errori che l'apparato comunicativo dello stato ha compiuto e sta compiendo in questi durissimi giorni. A cominciare dalla quotidiana conferenza stampa di un sempre meno convincente Angelo Borrelli, chiamato a ricoprire un ruolo a cui non pare adeguato, che nel suo bollettino di “guerra” svolge il suo compitino, sfoderando dati e numeri in maniera asettica e monocorde, senza entrare nello specifico delle necessità e delle esigenze che una simile situazione comporterebbe e senza dare quasi mai adeguate risposte alle domande che i giornalisti gli pongono. Non si capisce perché ad una simile conferenza stampa non partecipi mai il ministro della Salute competente di cui in questi giorni, paradossalmente sembra si siano perse le tracce e che invece potrebbe e dovrebbe dare delucidazioni importantissimi per esempio sullo stato in cui si trovano i vari reparti ospedalieri messi sotto fortissima pressione. In questo modo potrebbe passare il messaggio che chi siede al ministero della Salute forse non è in grado di reggere un simile confronto. Per questo forse non è un caso che sicuramente molto più convincente ed argomentata pare essere il bollettino della Regione Lombardia, fulcro del contagio in Italia, che viene diramato in diretta streaming, ogni giorno, dall'assessore al welfare e alla sanità della Regione, Giulio Gallera, non a caso fra i primi a chiedere al governo misure più stringenti da giorni. Il momento è difficile ed unico e sicuramente non è semplice affrontare una situazione di tale gravità, mai vista dal dopoguerra ad oggi, ma in certi momenti pare che chi è tenuto a prendere decisioni stia procedendo a tentativi o comunque non abbia quella necessaria fermezza nell’assumere le proprie decisioni, che occorre in situazioni così estreme. Vogliamo credere e probabilmente sarà così, che questa sia solo una impressione, ma questa impressione viene ricavata proprio dalla comunicazione ondivaga ed incerta che si sta usando in questi giorni. Non si chiede certo al governo di avere la capacità comunicativa che ebbe Winston Churchill durante la seconda guerra mondiale, ma nemmeno dare una immagine cosi distorta e poco chiara da parte di chi invece deve rassicurare e gestire una situazione cosi emergenziale Gli annunci, pochi e da parte di chi ha le competenze e le responsabilità necessarie, devono avere come unico ed ultimo fine di far capire alla gente quello che devono fare e che possono fare e quello che assolutamente non devono e non possono fare. Questo la gente lo deve comprendere chiaramente ed esplicitamente, senza inutili proclami o giri di parole inconcludenti. Le opposizioni da giorni anche se in forme e modalità differenti, più polemicamente la Lega, forse più responsabilmente e in maniera più propositiva la Meloni, stanno chiedendo allo Stato di prendere misure più drastiche, richiesta, d'altra parte, più volte avanzata dalle Regioni più colpite, come la Lombardia e il Veneto. Anche se per ragioni drammatiche il nostro paese da giorni è al centro dell’attenzione mediatica di tutto il mondo. Tutti guardano a noi per capire come poter agire per contrastare questa subdola minaccia invisibile e dare una impressione di indecisione e di incertezza potrebbe dare adito al solito luogo comune del nostro paese inaffidabile, pasticcione e poco serio. Ecco perché in un caso come questo la comunicazione è fondamentale, proprio per non instillare il minimo dubbio sul fatto che il nostro paese abbia una sua linea operativa ben precisa e quella persegua fino alla fine. Questa è l'ora della verità non solo per la salute pubblica ma anche per l'immagine di un paese troppe volte a torto o a ragione bistrattato. Gridiamo al mondo tutti insieme come spesso stiamo facendo dai balconi delle nostre “prigioni” domestiche, che “l'Italia s'è desta” chissà che il coro di tutti non riesca a coprire i balbettii della comunicazione istituzionale di questi durissimi giorni.
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