Quante polemiche e quanti discorsi inutili dei grandi giornali e dei cosiddetti maitre a penser, in merito al grande attivismo di Salvini sui social. E’ davvero singolare quanto questi soloni cerchino in tutte le maniere qualche appiglio per criticare quello che appare come il più serio ed autorevole nemico dell’ Italia dello status quo, dell’ Italietta della prima e della seconda repubblica, di quella Italia, che parafrasando Giorgetti, sicuramente all’ italiano medio non piace. Fiumi di parole su chi saluta, su cosa mangia, su come vive e sopratutto sul fatto che, perfettamente al passo coi tempi, utilizzi molto i social. Da sempre si criticano i politici per il loro vezzo di sfoderare le loro macchine blu o per l utilizzo delle scorte( anche da utilizzare come facchini nelle gite domenicali all IKEA )per i benefici di cui godono e di cui abusano, per i locali alla moda che frequentano come i vip, o per le tribune d’ onore degli stadi, che affollano bellamente durante le partite di cartello. E quando finalmente un politico di primo piano si comporta invece come qualsiasi normale cittadino, ecco subito la levata di scudi dei soliti benpensanti a criticarlo perche magari si fa qualche selfie di troppo, oppure addirittura perché posta quello che mangia su Instagram o su Facebook o perché come Trump abusa di Twitter per le sue esternazioni ( mentre quando lo faceva Renzi, tutti zitti). Ecco che arriva l’ accusa, francamente un po’ ridicola, di voler giocare all influencer, perché citandoli, farebbe pubblicità a qualche brand. Francamente pensare a Salvini come testimonial, pare davvero difficile da immaginare. Con tutto il rispetto per la persona, non ha nemmeno il phisic di role e non pare proprio adatto a nessun tipo di pubblicità, né diretta ne indiretta, se non a quella della sua incrollabile fiducia nel voler cambiare lo stato delle cose, a modo suo certo, che può essere condivisibile o meno, ma quello è il suo fine è tutto quello che lui posta è solo una semplice cornice che serve solo a farlo sentire vicino alla sua gente, niente di più e niente di meno. Salvini e’, infatti, così come lo si vede in televisione quando parla di politica e di questioni importanti come quando è a casa a mangiare due bucatini all’ amatriciana. Non frequenta i locali alla moda o i ristoranti stellati, non si vesta con in grisaglia, non è circondato da uno stuolo di questanti, come molti politici della prima e della seconda repubblica e l’ unico salotto che lui ama frequentare pare essere, proprio osservando i suoi post, quello di casa sua. Certo, abusando di un bruttissimo termine che oggi va tanto di moda, anche Salvini e’ a modo suo un “influencer” ma non per pubblicizzare come “ una Ferragni qualsiasi” questo o quel prodotto, ma solo per rappresentare il fatto che anche lui, malgrado il ruolo che occupa, è rimasto una persona normale, magari un primus inter pares, ma non per questo ha perso la sua caratterizzazione di uomo del popolo,che proprio grazie allo strumento dei social può essere amplificato e promosso. D’ altra parte, si definisce influencer una qualsiasi figura che esercita influenza in virtù della propria visibilità e reputazione, su un determinato pubblico. Forse non azzardiamo a dire che il nostro in questo modo cerca di riavvicinare le persone alla politica, in un momento di particolare distacco, stimolando il loro essere partecipi alla vita pubblica e privata del personaggio. A lui non interessa certo fare pubblicità a questo o a quel marchio (Sempre comunque italianissimi ), ma solo fare pubblicità ad un diverso modo di intendere la politica. Salvini vuole con il suo iperattivismo social, avvicinare la gente alle istituzioni. Usa il mezzo per mostrarsi per quello che è, appunto una persona normale a cui il ruolo di responsabilità non ha tolto quella spontaneità, che da sempre lo contraddistingue. Lui, infatti, è fatto così come appare in ogni sua manifestazione pubblica o privata. L’ importante ruolo istituzionale ricoperto non lo ha cambiato di una virgola, anzi forse proprio per il fatto di ricoprire un un ruolo di potere, anziché allontanarlo dalla gente, ha contribuito ad avvicinarlo ancora di più al suo popolo. Quello che i suoi tanti detrattori non capiscono è che proprio questo suo atteggiamento piace così tanto. La gente lo sente vicino, come l’ uomo della porta accanto. Non è qualunquismo, non è populismo, ma pare davvero solo e semplice spontaneità. Non esiste nessuna strategia particolare di marketing digitale, se non la capacità del suo bravissimo staff della comunicazione, di utilizzare i social per amplificare, nel migliore dei modi, questo stile di vita, che equipara pubblico e privato. Non esistono più barriere ne’ steccati: il re è nudo, qualcuno potrebbe arguire. Ecco perché continuare a criticarlo e ad accusarlo, invece di indebolirlo agli occhi del suo popolo, ha proprio l’ effetto contrario. Nessuno meglio di lui questo lo sa. Ed è per questo che, ne siamo certi, ogni critica sul suo modo di rapportarsi con la gente per lui e’ come una medaglia da appuntarsi al petto.
giovedì 20 dicembre 2018
lunedì 17 dicembre 2018
Estrema destra cresce a dismisura anche in Spagna
2 milioni di voti questo è l’ imprevedibile risultato che avrebbe la formazione di destra spagnola Vox, protagonista già di un clamoroso successo in Andalusia, in eventuali prossime elezioni nazionali. Questo infatti è quello che si evince da un sondaggio del giornale online spagnolo El confidencial. Il dato davvero incredibile, se si considera che a Settembre la formazione politica di Abascal secondo i sondaggio avrebbe dovuto ottenere circa 700.000 voti a livello nazionale. In pochi mesi quindi il partito “ sovranista” spagnolo avrebbe più che raddoppiato i consensi a danno sopratutto dei popolari, ma anche degli stessi socialisti di Sanchez, dati in leggero calo di consenso, anche se sempre accreditati come primo partito. Sempre secondo il sondaggio Vox otterrebbe circa l 8% dei consensi assumendo un peso certo non irrilevante nel nuovo ipotetico parlamento spagnolo. Sempre secondo i dati del sondaggio, infatti, i socialisti sarebbero la prima forza del paese con il 25,8% dei suffragi, seguiti dai centristi di Ciudadanos con il 20, 5% e i popolari al 19,6. Ma proprio grazie all’incredibile risalita della formazione guidata da Santiago Abascal, la coalizione di centrodestra sarebbe in testa con il 48,5% dei voti contro il 41% del centro sinistra. Insomma gli scenari che si potrebbero aprire rischiano di capovolgere tutti gli attuali assetti del potere spagnolo. Vox potrebbe diventare l ago della bilancia per la formazione di un nuovo esecutivo di centro destra. Ecco perché il governo Sanchez dovrebbe preoccuparsi molto delle sue politiche troppo “ aperte” verso la politica della accoglienza, imposta dalla comunità europea. Politica troppo norbida, che evidentemente sta punendo la stessa destra dei popolari, che con la nuova leadership di Pablo Casado, non sembrano riuscire ad attrarre il vento della protesta che si sta diffondendo per il paese. Secondo i dati emersi dal sondaggio di IMOP insight per il quotidiano iberico, infatti, il 67% dei votanti di Vox apparterrebbero al bacino elettorale dei popolari, ma un buon 5% sarebbero quelli che dai socialisti sposterebbero il loro voto verso il partito di destra. Interessante anche capire la caratterizzazione del votante tipo di Vox, che è per la maggior parte maschio ( 55%) nella fascia di età compresa fra i 29 e i 55 anni, con alto livello di scolarizzazione è un buon reddito. Ma come si spiega questo exploit di Vox? Sempre secondo detto sondaggio una della prime motivazioni, accanto alla questione dell’ indipendenza della Catalogna, riguarda il problema dei migranti, che anche grazie alla politica accomodante di Sanchez e quella invece molto più drastica del nostro paese, ha determinato un vero e proprio boom di sbarchi nella penisola iberica di cittadini extracomunitari, con tutte le implicazioni che esso comporta. E D’ altra parte i nuovi possibili elettori non sembrano molto ottimisti sul 2019 del proprio paese. Secondo il 73% di questi, infatti, le cose sicuramente peggioreranno, sia sul fronte economico che su quello ella sicurezza. Quindi secondo molto questo exploit sarebbe da addebitare per la maggior parte ad un senso di sfiducia e di insoddisfazione verso l’ attuale esecutivo, che sfocerebbe in un voto protesta. Secondo il 59% degli spagnoli, poi, un nuovo ingresso di Vox nelle istituzioni spagnole, sarebbe un pericolo per la democrazia. Mentre il 28% pensa che sia una cosa buona. Solo negli elettori del Pp, la maggioranza e cioè il 57% crede che la presenza di Vox in parlamento sarebbe un fatto positivo. Difficile però pensare che questo voto possa essere solo frutto della protesta e della insoddisfazione di ampi strati della popolazione, considerando sia il fatto che elettore medio di Vox sembra appartenere proprio a chi non ha grossi problemi economici e sia al fatto che comunque la Spagna rimanga uno dei paesi con i tassi di crescita maggiori di tutta l ‘ intera eurozona. Quello comunque che pare incontrovertibile è che anche in Spagna, che rimane uno degli ultimi baluardi della sinistra al governo in Europa, sta cambiando il vento e i “ sovranisti” sembrano in enorme crescita, come in Francia, in Italia ed in Germania. Difficile immaginare cosa potrà accadere da qui a Maggio 2019, ma sicuramente il voto alle europee, alla luce di tutto ciò ,porterà inevitabilmente grandi cambiamenti agli attuali equilibri del parlamento europeo. Forse è proprio per questa consapevolezza che forse la comunità europea sta usando il pugno di ferro sulla manovra con chi, per esempio in Italia già governa, mente sembra molto più morbido con chi come là Francia e la stessa Spagna non hanno ugualmente comportamenti virtuosi dal punto di vista delle regole sul deficit. Ed e per lo stesso motivo forse che Salvini,che sa bene di avere di fronte a se una opportunità unica, non vuole rischiare di compromettere tutto per qualche decimale di deficit in più.
sabato 15 dicembre 2018
COSA VUOLE GIORGETTI LO STRATEGA DELLA LEGA:..?
Ma chi è veramente Giancarlo
Giorgetti, secondo molti la mente della lega da quando Salvini ne è
diventato leader, che sta creando un pò di trambusto in queste ore
per le sue dichiarazioni non certo concilianti con gli alleati di
governo? Nato a Cazzago Brabbia, un paese di 700 anime in provincia
di Varese, il 16 dicembre del 1966, è stato eletto deputato per la
prima volta alle elezioni del 1996, ricoprendo anche il ruolo di
presidente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione e
quello di vicepresidente della commissione Affari Esteri. Nel 2013
poi l’allora Presidente Napolitano lo volle nel “gruppo dei
saggi” incaricati di scrivere alcune importanti riforme. Insomma da
molto tempo il nostro è abituato a frequentare I salotti buoni della
politica, al contrario del suo leader più sangiigno e poco incline
al compromesso per compiacere le alte sfere. Cosi diversi ma cosi
compelmentari che l'uno non potrebbe fare a meno dell'altro. Se il
segretario della Lega, infatti, è l’uomo capace di infiammare le
piazze, i social e di impazzare nei salotti televisivi, Giorgetti al
contrario è colui che è incaricato di tessere i rapporti
diplomatici all’interno e fuori il Parlamento.
Non è un caso che venga soprannominato
“il Gianni Letta della Lega” visto questo suo ruolo di mediatore.
Come Salvini è focoso e impegnatissimo sui social, cosi Giorgetti
lavora nell'ombra e odia internet e i social. Per lui la politica è
ancora un arte che va consumata nel chiuso delle stanze di potere (
alla facia dei “caminetti” di renziana memoria), tessendo
amicizie ( è molto amico di Draghi ) e rapporti con vertici
istituzionali nazionali ed internazionali. Non è un caso che sia una
delle persone più accreditata a livello diplomatico. Il primo a
notarlo fu Umberto Bossi: «Il futuro è dei giovani come Giorgetti,
ma non diciamolo troppo forte perché sennò si monta la testa». Ed
è proprio dall' Umberto nazionale che il giovane Giorgetti impara
che «la politica è una partita a scacchi, bisogna calcolare fino
alla 30esima mossa”. Se Matteo è il leader, lui ne è l’antitesi.
Se il primo twitta compulsivamente, il secondo non ha neanche un
profilo Facebook. Se quello si mostra ora a petto nudo e ora in
felpa, Giorgetti lascia nell’armadio il suo onnipresente abito blu
solo una volta l’anno, in occasione del raduno di Pontida. Poco
carismatico nelle occasioni pubbliche, evita pure le interviste. «Non
mi piace apparire. Quando la politica diventa schiava della
comunicazione, non si va in profondità. Oggi si preferisce un tweet
a ragionamenti e riflessioni, e questo penalizza l’approfondimento.
Tutto diventa uno slogan». Queste kle sua affermazioni, ma
chiaramente non c'è nessun intento polemico verso il leader, ma solo
un diverso atteggiamento, che proprio per le loro differenze si
completano a vicenda. E proprio grazie a Giorgetti che Salvini è
riuscito a farsi accreditare nelle ambasciate che contano, prima fra
tutte quella americana. Non è un caso che molti ( primo fra tutti lo
stesso Salvini) avrebbero visto di buon occhio proprio lui come
ministro dell'Economia al posto di Savona. Secondo molti l'incontro
fra Salvini e i vertici di confindustria, dopo lo strappo di Torino,
è tutta la farina del suo sacco. Quello che è certo è che Salvini
si fida ciecamente del suo braccio destro e che quindi dietro alle
affermazioni dure verso i 5 stelle ci potrebbe essere anche una
precisa strategia del leader leghista. Giorgetti fungerebbe da
testuggine per scalfire le proposte del movimento che sono difficili
da digerire per l'elettore leghista, per poi tornare nell'ombra e
lasciare il bandolo della matassa al suo leader. Giorgetti dal canto
suo si presta volentieri al gioco, essendo molto lontano da alcuni
dei cavalli di battaglia dello “scomodo” alleato di governo, come
il reddito di cittadinanza. Una sorte di coscienza critica
all'interno della lega, che rassicura il mondo imprenditoriale, che
considera lui come il più affidabile interlocutore all'interno della
maggioranza. Non è un caso che proprio lui è stato il primo, in
tempi non sospetti, a balenare l'ipotesi di un cambio della manovra,
e per fare questo ha mandato in avanscoperta un altro “suo” uomo
all'interno del governo, il ministro Savona, che adesso è tornato
nell'ombra. Secondo alcuni Mattarella stesso avrebbe un dialogo
costante proprio con lui, che considera la persona più equilibrata
all'interno dell'esecutivo. Giorgetti ha le spalle larghe, incassa,
sopporta ma lavora alacremente nell'ombra e alla fine al di là delle
dichiarazioni di facciata, tutto si ricompone, proprio come da lui
indicato. D'altrra parte dietro ogni leader, esiste sempre una
eminenza grigia, che tesse le fila dietro le quinte. A lui le luci
della ribalta non interessano affatto. E' un uomo del fare ed è per
questo che mal digerisce le continue polemiche contro di lui di Di
Maio e dei suoi sodali. Paradossalmente però, malgrado molti la
pensino diversamente, il governo forse ha superato le tormente di
questi mesi, proprio grazie a lui e
al suo fine lavorio diplomatico, sia
all'interno dell'esecutico, sia sopratutto all'esterno. Molti nellka
Lega lo reputano un vero e proprio genio della politica. “Troppo
furbo e stratega per permettere che dei novellini della politca
possano rovinare il suo piano di cambiare questo paese”. Giorgetti
perciò starebbe aspettando solo il momento opportuno per sferrare
l'attacco decisivo e poter sparigliare il campo con l'avvallo del
leader. Il momento potrebbe essere proprio quelle delle Europee del
prossimo Maggio, come si vocifera da settimane. Gli scenari che si
potrebbero profilare sono ancora molto nebulosi e dipendenti da
troppe variabili esogene. Ma di una cosa si può stare certi, dietro
la strategia della Lega, dopo il possibile trionfo alle urne, ci sarà
sicuramente la mano del “ Richelieu” in salsa lombarda.
lunedì 10 dicembre 2018
SALVINI ALLA CONQUISTA D'EUROPA
Le parole si sa in politica hanno un
valore relativo. Ecco perchè l'affermazione di Salvini di qualche
giorno, che commentava piuttosto sprezzante il cahiers de dolheance
del mondo produttivo contro un certo immobilismo del governo
gialloverde, erano solo delle semplici schermaglie. Troppo furbo,
troppo pratico, troppo abile per non riconoscere in quella levata di
scudi della assise a Torino della confindustria, un avvertimento ben
preciso proprio verso il suo partito che da sempre riscuote ampi
consensi dal bacino elettorale del mondo produttivo del nord. La
riunione svolta in maniera piuttosto irrituale al ministero degli
Interni, fra Salvini accanto al suo immancabile “ Richelieu”,
Giorgetti e tutto il mondo produttivo al gran completo capitanati dal
presidente di Confindustria Boccia, ha sancito un passo in avanti
nella strategia del leader leghista. Il suo obiettivo è molto
ambizioso e punta dritto a Bruxelles. Lui da uomo politico di razza
qual' è, ha capito che questo è il momento dell'affondo, anche
perchè evidentemente annusa il sangue di avversari ed alleati per
portare avanti il suo progetto, considerando come sia in patria, sia
all'estero la opposizione pare davvero messa male. In Italia,
infatti, ormai un po' tutti hanno capito che non esiste un vera e
propria opposizione, considerando come il pd continui pensare solo ad
ostacolarsi al suo interno per trovare una “nuova” leadership,
senza rendersi conto che la emorragia di voti è dovuto anche a causa
del troppo personalismo di chi ha guidato in questi anni il più
grande partito del centrosinistra. La sinistra estrema dopo il
fallimentare esperimento di Liberi e uguali, pare ormai in stato
comatoso. I cinque stelle che pur essendo alleati di governo, su
molti punti del lor programma essi stessi distanti dalla Lega,
sembrano arrivati ad una fase di serio appannamento, coincisa con i
troppi guai del suo leader e le troppe gaffe di alcuni suoi ministri,
oltre ad una certa contraddizione di fondo in alcune loro decisioni.
Per quanto riguarda i vecchi alleati, Forza Italia continua in questa
sua mancanza di alternativa al suo storico ma stanco ed anziano
leader, e non riesce a fare né una seria opposizione né proporre
una alternativa per una ipotetica crisi dell'attuale formazione
giallo verde. La Meloni dal canto suo cerca di ritagliarsi uno spazio
all'interno delle forze politiche di destra, ma di fronte allo
strapotere della personalità di Matteo Salvini può davvero fare
poco. All'estero che dire del povero Macron..? sempre più isolato e
alle prese con problemi serissimi in patria, per poter pensare a
duellare ancora con il suo acerrimo rivale italiano. La Merkel ormai
arrivata a fine corsa sembra davvero come quei vecchi lavoratori
arrivati a fine carriera, che non aspettano altro che la meritata
pensione, per godersi i frutti di una vita di lavoro. Sanchez che era
parso come una luce in fondo al tunnel delle sinistre europee,
compreso ilo nostro Pd, sembra davvero ad un passo dalle elezioni
anticipate, dopo la sonora sconfitta subita alle amministrative in
Andalusia. Insomma quello che si apre per Matteo nazionale appare
come uno scenario davvero promettente. Ecco perchè in questo momento
non può certo permettersi una crisi con il mondo industriale, né
tanto meno può concedersi il lusso di una procedura di infrazione
con la commissione europea. Ecco perchè i toni anche con Bruxelles
si sono abbassati da alcuni giorni. La posta in gioco, infatti, non è
solo il bene del paese, ma un disegno ben più ampio e ambizioso.
Dopo anni di grigio strapotere della Merkel e del presidente di turno
francese, nuovi promettenti scenari si aprono in Europa, con ilo
beneplacito del presidente statunitense Trump, che non a caso sta
puntando proprio sul nostro paese per spezzare l'egemonia franco
tedesca. Salvini questo lo sa bene e non vuole assolutamente farsi
trovare impreparato di fronte alla possibile sfida che sarà quella
di guidare appunto il fronte dei “sovranisti”europei alle
prossime elezioni europee, e cercare di cambiare l'Europa dalla tolda
del comando o almeno dall'interno, senza bisogno di lite e beghe che
rischierebbero alla lunga di minare il suo ampissimo consenso.
domenica 9 dicembre 2018
MILANO SOMMERSA..??
giorno: una quantità imponente, sorprendente, ben nascosta nei nostri alimenti. La stragrande parte di questa cascata d'acqua è infatti usata per la produzione di cibo, dall'agricoltura all'allevamento all'industria dell'alimentazione: un immenso consumo d'acqua che avviene lontano dai nostri occhi. Nel contempo, le risorse idriche limitate diventano sempre più un problema preoccupante considerando anche la crescita della popolazione mondiale e i cambiamenti climatici - che causano siccità durature a nord e a sud del pianeta. A livello globale, almeno 1,8 miliardi di persone utilizzano una fonte di acqua potabile contaminata che causa circa 502.000 morti per conseguenze intestinali. Inoltre, i rischi legati alla disponibilità di acqua, in termini di impatto a livello globale, si posizionano al terzo posto, secondo il Rapporto del World Economic Forum del 2017. Un recente studio della Nasa, pubblicato sulla rivista Nature, rileva che le zone umide della Terra si stanno facendo sempre più umide e quelle aride invece si stanno ancora più inaridendo a causa di diversi fattori, tra cui la gestione delle risorse umane, i cambiamenti climatici e i cicli naturali. L’acqua occupa tre quarti della superficie del nostro pianeta, il 97 % costituita dagli oceani e soltanto il 2,5% è acqua dolce. Il 68,9% dell’acqua dolce disponibile è contenuta nei ghiacciai e nelle nevi perenni, il 30,8% si trova nelle falde sotterranee e solo il rimanente 0,3% è costituita dai laghi e dai fiumi. Secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite(ONU), l’acqua potrebbe trasformarsi nel movente che farà scoppiare le guerre in questo secolo. Sono 51 i paesi del mondo al rischio di conflitti per l’accesso alle risorse idriche nei prossimi dieci anni. Nel 2050 la domanda di acqua per coprire le necessità di nove miliardi di abitanti della Terra sarà di circa 4900 chilometri cubi di acqua invece dei 3350 km cubi che coprono le esigenze degli attuali abitanti. Questo perchè entro la metà del secolo, passeremo da 7 a 9,3 miliardi, ma ciò che è peggio è che nello stesso periodo la domanda di prodotti alimentari raddoppierà. Non berremo di più, ma occorrerà più acqua per le colture e per gli animali degli allevamenti. Detto questo a Milano esiste un problema legato non strettamente alla mancanza di acqua, anzi paradossalmente al suo contrario, che forse non tutti conoscono o forse sarebbe meglio dire che viene tenuto volontariamente sottotraccia e sul quale Michele Serra ha scritto un breve testo, edito da Aboca, che dovrebbe farci molto riflettere. L’approvvigionamento potabile della città di Milano, infatti, avviene esclusivamente da acqua di falda, quindi da acque sommerse, su tre livelli di profondità: 0-40 metri, 40-100 metri, 100-200 metri. Questo ovviamente comporta una grande cura e attenzione verso un bene primario, come visto, ma che va assolutamente tenuto sotto controllo e preservato. Jakarta, una delle metropoli più importanti del pianeta, sta letteralmente affondando, a causa delle sue scellerate politiche edilizie e della trascuratezza con cui ha gestito la propria falda, alla quale gli abitanti attingono tramite pozzi illegali e non armonizzati, né fra di loro, né tra loro e la falda. Questo appunto perchè non state fatte politiche adatte a controllare questo flusso di acqua sotto terra. Milano in questi ultimi anni, come scrive Serra, sta registrando un notevole innalzamento delle acque sotterranea, a causa sopratutto della chiusura delle grandi aziende, in particolare vengono citate le Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck a Sesto San Giovanni sopra la falda acquifera della Pianura Padana, che da sempre sono grandi idrovore di acqua per le loro esigenze produttive. “ L'acqua è salita quanto basta per allagare almeno un paio di stazioni della metropolitana milanese:che senza le idrovore che la pompano via non potrebbe più funzionare” scrive Serra nel suo cameo. Dal 1990 la falda si alza con una velocità fino a mezzo metro all’anno e, prima o poi, ritornerà ai livelli di fine ‘800. Quando era profonda meno di tre metri nella zona sud e affiorava lungo la linea delle risorgive, dove sorgevano le abbazie medioevali. “Se i popoli antichi temevano che il cielo potesse precipitare ho immaginato per noi moderni l’evenienza che l’acqua risalga dalle profondità per richiamarci alla nostra debolezza così come ai nostri doveri.. Inutile sottolineare che non si tratta solo di una suggestione poetica. Sono i
mutamenti climatici a indicare nel livello delle acque... uno dei grandi problemi futuri dell’umanità, e nella gestione delle acque un’emergenza evidente” continua il noto giornalista satirico. Il problema perciò è serio e secondo alcuni molto sottovalutato dalla “sordità” di chi amministra la città. L'acqua come si è visto non dovrebbe preoccupare solo per la sua scarsità, ma in certi casi dovrebbe spaventare anche per la sua abbondanza non controllata ed assecondata“ L’idea di una presenza risalente non è meno affascinante, mi pare, di quella di una presenza che incombe dall’alto: se i popoli antichi temevano che il cielo potesse precipitare, ho immaginato per noi moderni l’evenienza che l’acqua risalga dalle profondità per richiamarci alla nostra debolezza così come ai nostri doveri. E alle nostre potenzialità” dichiara Michele Serra. Insomma secondo Serra bisogna fare si che l'acqua questo misterioso e preziosissimo elemento chiaramente non ci manchi mai. Ma anche che mantenga il suo livello all’altezza della nostra sopravvivenza, non sopra né sotto.
martedì 4 dicembre 2018
MOMENTI DIFFICILI PER SANCHEZ
Il 2 Agosto scorso, un sondaggio del baricentro delle investigazioni sociologiche, il Cis, ha misurato le intenzioni di voto di un campione di spagnoli . I risultati hanno indicato i socialisti quasi al 30% con un guadagno di ben 9 punti , una percentuale che non si vedeva dal lontano 2009. Ma sempre secondo il prestigioso istituto di studi sociologici spagnoli, ben il 65% degli intervistati dice di avere poca o nessuna fiducia nel premier spagnolo Sanchez. E’ con questa contraddizione che il debole governo spagnolo deve fare i conti, dopo pochi mesi dal suo insediamento. I sondaggi sono stati fatti ai primi di Luglio, quando la questione dei migranti ancora non era esplosa in tutta la sua gravità’, sfociata nei gravi scontri a Ceuta di questa estate. La politica morbida del premier, in aperto contrasto con i “ sovranisti” europei alla Salvini, sta mostrando tutti i suoi limiti. La Spagna, infatti, come denunciano oppositori politici e organizzazioni umanitarie, ha da sempre grandi limiti nella capacità ricettiva, sottolineata anche dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr): “La Spagna sta affrontando un altro anno molto impegnativo”. Gran parte delle strutture di accoglienza sono sature, poco o male organizzate e richiedono una rapida implementazione”. E d’ altro canto basta osservare i dati di Unhcr il mese scorso la Spagna ha registrato 7.142 migranti (6.800 arrivati via mare). Sono più del doppio rispetto a quelli giunti in Italia (3.136), e oltre il quadruplo degli sbarchi ellenici (2.077). Cifre che trovano riscontro anche nel medio periodo. Da gennaio a oggi in Spagna sono state accolte 17.781 persone, il 32% in più rispetto a quelle arrivate in Italia (13.438) e il 29% in più rispetto alla Grecia (13.726). L’importanza del dato si coglie però guardando agli ultimi quattro anni: dopo un solo semestre, Madrid ha ampiamente superato il picco massimo del 2015, con 16.263 in 12 mesi. Sanchez che ha lanciato un grido di allarme a Bruxelles, conta sull ‘aiuto di circa 50 milioni di euro promessi dalla comunità europea per far fronte alla emergenza. Ma nel paese il sentimento antimmigrati cresce a dismisura ed e’ sentito come la prima emergenza. “ magari ci fosse uno come Salvini anche da noi, questo governo è troppo morbido con gli immigrati. Non siamo strutturati per accogliere tutti questi migranti” dice Pedro, lavoratore autonomo di 45 anni, che lamenta anche come la nuova politica fiscale del governo danneggerà sicuramente le imprese e l'economia. La questione catalana poi sembra che dall'arrivo del nuovo presidente alla Moncloa abbia subito paradossalmente una accelerazione. Puidgemont dal suo “ esilio” belga aveva già fatto sentire la sua voce, ai primi di agosto affermando “Speriamo che il presidente Sanchez approfitti delle sue vacanze per proporre una soluzione per la Catalogna perché il suo periodo di grazia sta finendo". Queste affermazioni fanno forza anche su un recente sondaggio pubblicato dal giornale el espanol, dove si evince che oltre il 52% dei catalani favorevoli all'indipendenza e un 53% che è sicuro di ottenerla. Il premier spagnolo ha sempre cercato la via del dialogo con gli indipendentisti, arrivando anche a dichiararsi favorevole ad un nuovo referendum per l'autogoverno, senza ovviamente dare adito ad aperture verso l'indipendenza. Ma tutto questo fino ad ora non ha prodotto i risultati sperati. La portavoce del governo di Catalogna, Elsa Artadi, nei giorni scorsi, ha ribadito con decisione che se Sanchez non proporrà una soluzione soddisfacente per l autonomia catalana, il partito farà mancare il suo appoggio al governo centrale. Secondo alcuni organi di stampa belgi poi la formazione neo fiamminga del N- VA avrebbe già offerto un seggio sicuro a Puidgemont per il prossimo parlamento europeo, le cui elezioni si terranno a Maggio 2019. In Settembre poi ha destato scalpore l' iniziativa della università di Leida in concerto con il prestigioso istituto Cervantes, di volere inserire nei propri corsi di studio, a partire dal prossimo anno, il castigliano come lingua straniera, appellandosi al articolo 172 dello statuto dell‘autonomia sulla piena competenza lasciata alla Catalogna in materia di insegnamento universitario. Insomma il sentimento di indipendenza dal governo centrale da parte della Catalogna sembra addirittura aver ripreso nuovo vigore, facendo probabilmente anche leva sulla evidente debolezza del nuovo premier. Inoltre lo scoppio di una nuova grana per uno sei suoi ministri di punta rischia di mettere l'esecutivo in difficoltà con la sua stessa maggioranza. Joseph Borrell, infatti, il 26 Ottobre scorso è stato multato di 30.000 euro dalla CNMV, la consob spagnola, per aver venduto nel 2015, 10000 azioni Abengoa, pur facendo parte del consiglio della stessa società. Pablo Casado, leader del Pp,è stato lapidario: "Borrell è delegittimato a rimanere nel governo e deve andare immediatamente al Congresso dei Deputati per dare spiegazioni". Ma è stato un twitter di Pablo Iglesias, leader di Podemos, alleato di Sanchez, che chiede anche lui le dimissioni del ministro, che ha creato una pericolosa tensione all'interno della maggioranza, i cui sviluppi rischiano di mettere in serio pericolo la stessa sopravvivenza dell'esecutivo. Sanchez, infatti, sembra non avere nessuna intenzione di rinunciare a quello che da molti viene considerato il suo padrino politico. Non è un caso, infatti, che lo stesso premier aveva offerto giorni fa a Borrell una posizione sicura per le prossime elezioni europee, puntando su di lui per un incarico di prestigio nella prossima commissione europea. Questo di Borrell è già il quarto caso di un ministro che si trova in difficoltà e che mette il governo in grave imbarazzo. Dopo le dimissioni lampo del ministro della cultura Huerta, rovinato da guai col Fisco, seguite dalla rinuncia della collega alla Sanità, Carmen Monton, coinvolta nello scandalo dei Master universitari truccati, infine è stata la volta del ministro della giustizia Delgado, finita nell'occhio del ciclone per un caso di intercettazioni con commenti al vetriolo in cui bollava come “maricon” ( gay) un suo collega di partito. Non è un caso che lo stesso Sanchez ha parlato, per la prima volta, di elezioni anticipate: la finanziaria potrebbe infatti non ottenere la maggioranza, e senza i voti degli indipendentisti catalani, e con queste tensioni crescenti nel governo l'ipotesi di elezioni anticipate appare tutt'altro che campata in aria. Ultimo ma non ultimo è arrivata la storica batosta subita dal Psoe in Andalusia, che governava da 36 anni. La candidata del Psoe la presidente uscente Susanna Diaz, infatti ha ottenuto un misero 28% contro ilo 35% delle passate elezioni, ma sopratutto la formazione di estrema destra Vox ha conquistato ben 12 consiglieri. E' praticamente certo che questa dura sconfitta elettorale avrà ricadute anche sul governo nazionale, malgrado Sanchez e i vertici del partiti si siano affrettati a minimizzare la batosta subita. Insomma questo ennesimo episodio sicuramente indebolirà ulteriormente il governo di Sanchez, che ha appoggiato fin dalle prime battute della campagne elettorale la candidata del suo partito in Andalusia, sicuro di una vittoria netta. La prospettiva di elezioni anticipate, insomma potrebbe avere una decisiva accelerazione, considerando come i rapporti all'interno della maggioranza sia già piuttosto tesi.
LUDOPATICI IN ITALIA
Il giro d’affari delle società che si dividono la torta delle scommesse legali (dalla Sisal alla Snai, da Lottomatica a Intralot), grazie al meccanismo delle concessioni, è di 15 miliardi di euro l’anno, sui quali i margini di profitto sono molto alti. Quanto alle tasse, lo Stato ha incassato lo scorso anno circa 4,8 miliardi di euro. Soldi che, come scrivono in un recente articolo ben documentato su La Repubblica Federico Fubini e Andrea Greco, sono diventati preziosi per abbattere il rapporto tra deficit pubblico e prodotto lordo ed evitare così l’infrazione prevista dai patti dell’Unione europea. Per quanto riguada il dato occupazionale si parla di circa 300.000 persone occuoate direttamente ed indirettamente nella industria del gioco, che e’ dopo Enel ed Eni la terza industria del paese. In questo quadro si inserisce la misura del decreto dignita che inevitabilmemte e’ destinato ad avere forti ripercussioni sulla indistria del gioco. Di Maio primo sostenitore di questo provvedimento lo difende addicendo che il divieto di pubblicita per i guochi e’ una misura indispensabile per combattere la ludopatia nel nostro paese La lotta al gioco e lo stop alla pubblicità inserito nel Decreto Dignità approvato dal Consiglio dei Ministri puntano a salvare, infatti, secondo il Vice Premier pentastellato, “un milione di famiglie in cui la serenità e la tranquillità economica non esistono più” a causa della dipendenza dal gioco. Ma è veramente così? Ad oggi infatti non esistono numeri ufficiali concordi sulle dimensioni del fenomeno, anzi il settore vive di cifre spesso contrastanti tra loro. Secondo l’ultimo rapporto del Cnr infatti, nel 2017 i giocatori problematici sono circa 400mila, vale a dire l’1% della popolazione adulta italiana. Più ampio invece il dato su quanti siano i giocatori nel nostro Paese: nei rapporti Espad e Ispad del Cnr, il 43% della popolazione ha giocato almeno una volta nel corso dell’anno.
Altre ricerche parlano di cifre diverse: le persone che presentano forme di ludopatia in Italia, secondo un’indagine dell’Espresso, sono circa 790.000. A rischio patologia sono invece 1.750.000 italiani.
Diverse anche le interrogazioni presentate negli anni nelle aule di Montecitorio, dove si afferma che i giocatori problematici variano dall’1,3 al 3,8 per cento della popolazione. In termini assoluti si tratta di una forbice che va dai 750mila ai 2.300.000 italiani adulti. Sono considerati così coloro che scommettono frequentemente «investendo anche discrete somme di denaro, ma che non hanno ancora sviluppato una vera e propria dipendenza». Diverso il discorso per i giocatori “patologici”, che non sono in grado di controllare la necessità di scommettere, che sono compresi fra 130 mila e 1,3 milioni di italiani.
Secondo il ministero della Salute, pero’ nei 184 centri SerT/SerD si sono registrati un totale di 17.688 ludopatici, presi in carico nel 2016( ultimo dato disponibile). Durante il 2014 il numero totale dei pazienti in trattamento era 6.297, mentre i nuovi casi per lo stesso anno erano stati 2.924. Durante i primi otto mesi del 2015 il numero totale dei presi in carico era stato di 5.508, mentre quello dei nuovi casi era 1.936. Certamente non si vuole con questo sottovolature i rischi legati alla ludopatia o negare come il gioco compulsivo rappresenti un pericolo per molti italiani. Ma e’ anche vero che fare discorsi su dati che non sono certi rischia di creare molta confusione. Quello che alpare certo, come indicato, da tutti gli operatori legali italiani questo provvedimento rischia di diventare un incredibile regalo ai siti di scommesse illegali internazionali, e quindi sotsanzialemente non intaccare minimamente il prpblema della ludopatia, ma invece provocare gravi ricadute negative su quello legale italiano, con il rischio di perdite di posti di lavoro oltre che di gettito per lo Stato, che come detto e’ stato vitale in questi ultimi anni per le esangui casse pubbliche.
ANATRA ZOPPA
L’ anatra zoppa è un termine che si utilizza nel gergo giornalistico per definire quella situazione della politica americana, in cui si verifica che un presidente di un schieramento si trova a dover governare con un parlamento con maggioranza in mano allo schieramento avverso. Questa situazione forse esagerando potrebbe attagliarsi anche alla situazione attuale della politica nostrana. Non chiaramente perché il parlamento sia differente rispetto al governo, essendo la nostra una democrazia parlamentare e non presidenziale come in Usa, ma proprio analizzando la situazione attuale della variopinta maggioranza che governa. E’, infatti ormai evidente che il governo giallo verde sia di fronte ad una situazione piuttosto complicata, che la recente riunione del mondo imprenditoriale ha reso ormai palese a tutti. Ci troviamo infatti di fronte ad una Lega che è espressione del mondo del fare e che porta avanti istanze che mirano alla crescita della produzione, agli investimenti ad una fiscalità più equa e ad un rilancio delle imprese e della occupazione. Dall’ altra parte invece si trova una formazione che punta all' immobilismo all assistenzialismo e alla guerra contro il paese che produce e che porta avanti la baracca. L’ esempio della polemica sulla realizzazione delle grandi opere ne è una riprova lampante. Il movimento 5 stelle insegue idee che puntano a fermare qualsiasi cosa che possa avere a che fare con i governi precedenti. Ecco perché la immagine della anatra zoppa ben si attaglia alla situazione della attuale maggioranza. E’ ormai innegabile , infatti, che le due formazioni facciano sempre più fatica a conciliare due esigenze così differenti. La lega non può infatti permettere di perdere consensi presso la sua base, solo per andare avanti con istanze che francamente hanno davvero poco a che fare con quello che serve per un paese che già di suo risulta immobile da decenni. La lega non punta certo al tirare a campare. I cinque stelle dal loro punto di vista anche sembrano non volere arretrare su quella che considerano una battaglia contro lo status quo. L’ esempio di Macron in Francia, nato improvvisamente dal nulla o quasi, simbolo della novità e paladino della critica ai governi precedenti, facendo leva sulla rabbia della gente e sulla “ purezza “ della sua nuova classe dirigente, dovrebbe insegnare qualcosa a Di Maio & C. L’ inesperienza e una dose di incompetenza alla fine viene fuori e questo inevitabilmente finisce per farsi sentire sul consenso. Certo il paragone non è ovviamente calzante, se non nella inesperienza della classe dirigente e in una dose di contraddizione che è presente sia nella politica dei cinque stelle che nella formazione francese En Marche. I sondaggi parlano chiaro la lega continua a guadagnare consensi, anche perché la gente immagina che senza i cinque stelle le cose potrebbero andare sicuramente meglio. Ecco perché fino ad ora Salvini, da animale politico di razza quale è, non ha ancora rotto l ‘alleanza. Ma quello accaduto a Torino potrebbe esse un segnale molto forte per il leader leghista. Al di là delle dichiarazioni di facciata, Salvini sa bene che non può perdere il consenso degli industriali. La sua base elettorale vuole il cambiamento, ma quello vero, non il cambiamento come i gamberi o quello descritto da Tommasi di Lampedusa. Il movimento di Di Maio sembra invece sordo a qualsiasi richiamo. La resa dei conti potrebbe arrivare anche prima delle elezioni europee a cui Salvini sta puntando moltissimo, ambendo forse alla guida di quel grande movimento sovranista che sta conquistando consensi in tutta Europa. Salvini infatti sa bene che un probabile successo ampio alle elezioni europee può dargli ulteriore forza contrattuale per rischiare una crisi di governo e cercare anche in patria nuove alleanze per fare quello che la sua gente chiede.
lunedì 3 dicembre 2018
SPAGNA: SOFFIA IL VENTO DI DESTRA ANCHE NELL'ULTIMA ENCLAVE SOCIALISTA DELL'EUROPA
Il clamoroso successo della formazione
di destra spagnola Vox, che ieri ha conquistato 12 seggi nelle
elezioni in Andalusia, da sempre feudo inespugnabile per la sinistra,
dimostra come l'ascesa delle formazioni di centro destra stia ormai
allargandosi anche in Spagna, da molti considerato ornai come ultimo
baluardo della sinistra in Europa. Il risultato del Psoe, il partito
del premier Sanchez, infatti con il 28% ha ottenuto il risultato
peggiore della storia, e rischia di non riuscire a fare un governo in
una regione che governava ininterrottamente da 36 anni. Sono molti
quelli che, infatti, leggono nel risultato elettorale una pesante
sconfitta del governo nazionale di Sanchez, costellato da decisioni
contraddittorie, scandali che hanno coinvolto esponenti di spicco del
suo governo, una politica verso l'immigrazione clandestina troppo
“morbida” e un approccio verso la questione catalana,
assolutamente inefficace. La sonora sconfitta della presidente
uscente Susanna Diaz, appoggiata con impegno dallo stesso premier
fino dall' inizio della campagna elettorale, arriva come un vero e
proprio fulmine a ciel sereno, e gli effetti potrebbero essere
devastanti per la stessa premiership spagnola. Non è un caso che il
premier spagnolo con un twitter, a risultati acquisiti, ha cercato di
esortare tutte le forze progressiste del paese ad unirsi per
difendere la democrazia. Il risultato elettorale è comunque
sicuramente una bocciatura del governo socialista, partito che perde
7 punti percentuali e 14 posti in consiglio. La destra del Pp, Cs e
appunto Vox raggiungerebbe la maggioranza assoluta con oltre il 55%
dei consensi ed inevitabilmente questo porterà ad una resa dei conti
all'interno dello stesso partito socialista con effetti per ora
imprevedibili. Il Pp ha già affermato, nella euforia del post voto
di essere pronto ad allearsi con la ultradestra del partito Vox, che
raggiunge un risultato storico. Vox, infatti, è una formazione
nazinalista fondata nel 2013 da Santiago Abascal. Ha avuto il suo
battesimo elettorale nel 2014, quando ha ottenuto 246.833 voti, pari
all’1,57%, alle elezioni europee. Numeri troppo bassi per
raggiungere il Parlamento europeo. Alle elezioni comunali del 2015 si
è presentato in centinaia di città, riuscendo a eleggere 22
consiglieri e due sindaci, uno a Cardenuela Riopico (Burgos) e
l’altro a Barruelo del Valle (Valladolid). Centri piccoli, della
Spagna profonda e rurale. Ma era il sintomo che qualcosa stesse
cambiando. Anche in Spagna, la parte più profonda del Paese si
iniziava a riconoscere in un movimento di destra radicale. E per una
repubblica nata dopo la fine di una dittatura come quella di
Francisco Franco, la questione era particolarmente interessante. Il
partito ha saputo cavalcare molto bene il malcontento di chi non si
riconosce nella politica troppo debole di Sanchez, sia verso gli
immigrati e sia sopratutto verso la questione catalana. La prima a
congratularsi con il suo “ amico Abascal è stata con un tweet
Marine le Pen ( già galvanizzata dai problemi in patria del
presidente Macron, ai minimi storici di consenso) “Le mie sincere e
calorose felicitazioni ai nostri amici di Vox che questa sera in
Spagna ottengono un risultato molto significativo per un movimento
giovane e dinamico”. Con questo risultato inoltre il partito della
estrema destra andaluso potrebbe anche ottenere direttamente anche un
seggio al Senato nazionale. Ecco che allora la levata di scudi di
Sanchez appare come un tentativo maldestro di screditare quel
sentimento di rivalsa, che sta attraversando tutta Europa. La
vicinanza delle prossime elezioni europee alla luce di questo
ennesimo trionfo in Spagna, potrebbero davvero essere un punto di
svolta fondamentale di tutta la politica europea di questi anni che
come si vede sembra non piacere affatto alla maggioranza degli
Europei. Sicuramente da tutto questo potrebbe ancora una volta
avvantaggiarsi Matteo Salvini, che fra tutti i leader “sovranisti”
europei, appare come il più papabile per ricoprire un ruolo guida.
Ecco perchè in questi ultimi giorni, forse il saggio leader della
Lega, per opportunità politica, ha deciso che per ora fosse il caso
di abbassare i toni della polemica con la Commissione europea. Anche
perchè il vento del cambiamento ormai appare inarrestabile in tutto
il continente e quindi potrebbe essere controproducente rischiare una
procedura di infrazione, che rischierebbe di ritorcersi proprio
contro Salvini e il governo alle elezioni europee. Per questo lo
stesso leader della Lega sta lasciando campo aperto al “suo”premier
Conte, che gestisca la patata bollente delle trattative con la
commissione. Lui rimane per ora nell'ombra, pregustando già il
trionfo alle elezioni di Maggio.
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