Mentre in Europa dopo il fallimento del Consiglio Europeo di
settimana scorsa sul bilancio comunitario per il periodo 2021-2027,
non si riesca a trovare una quadra fra i paesi cosiddetti “frugali”
e i paesi come Italia, Spagna e Francia che sono invece per una
maggior allargamento dei cordoni della Borsa, il premier spagnolo
propone una possibile soluzione, che veda un maggior investimento di
fondi nella Pac a scapito dei fondi di coesione. Su questo punto
Sanchez è convinto di trovare una spalla nell’ Italia e nella
Francia. Ma la soluzione non pare cosi semplice come forse appare. Il
paese iberico, infatti, in questi giorni, deve far fronte con una
durissima protesta degli agricoltori, che lamentano, come d’altra
parte quelli italiani, come la politica europea di apertura verso
alcuni mercati, abbia messo alcuni settori produttivi in ginocchio.
Ma nello stesso tempo con i fondi di coesione si andrebbe ad aprire
un conflitto con le regione autonome che sono grandi beneficiarie di
questo tipo di finanziamenti. Insomma pare davvero che questo
ginepraio sui fondi europei sia davvero di non facile soluzione.
Senza contare che ora l’emergenza di coronavirus rischia di
complicare ancora di più le cose, dal momento che dal punto di vista
economico l’emergenza sanitaria potrebbe avere un forte impatto
negativo. Certo è che con il bilancio 2021-2027 l’Unione europea
gioca una partita decisiva nel mezzo di una crisi di fiducia nella
sua forza, nella sua identità e, secondo alcuni, perfino nelle sue
basi costitutive. Una crisi che investe nel profondo le relazioni tra
gli Stati, il grado di condivisione e di fiducia reciproca. E la
lotta fra fondi Pac e fondi di coesione rischia di essere alla fine
una lotta fratricida che colpisca indistintamente i paesi
maggiormente interessati, che sono appunto quelli del sud Europa, e
quelli del cosiddetto blocco di Visegrad.
È chiaro da tempo che la
politica di coesione sia di primaria importanza per la stessa tenuta
dell’Unione europea e del mercato interno. Intanto è il canale
fondamentale attraverso il quale passa la politica di investimento
della Ue: eroga finanziamenti pari all’8,5% degli investimenti di
fondi pubblici nell’ Unione, percentuale che sale a quota 41 per la
UE-13 (tutti gli Stati membri che hanno aderito all’ Unione europea
nel 2004 e nel 2007: Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro,
Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Romania, Slovenia,
Slovacchia, Croazia) e a oltre la metà degli investimenti pubblici
totali per diversi Paesi: in Portogallo oltre l’80%, Croazia 80%,
Lituania oltre il 70%, Polonia al 60%, Ungheria e Slovacchia 55%. In
Spagna i finanziamenti UE in rapporto agli investimenti pubblici
totali nazionali superano il 15%, in Italia sono circa al 12% (dati
2015-2017). Al termine del periodo di attuazione del bilancio
2007-2013 è stato calcolato che il pil della Lettonia è aumentato
del 3,9% grazie agli investimenti sostenuti dalla politica di
coesione, mentre in Ungheria è aumentato di circa il 3,6%. Secondo i
calcoli comunitari, il pil della UE12 (UE-13 meno Croazia) nel 2015
mediamente superava del 2,8% il valore che avrebbe avuto senza gli
investimenti della politica di coesione.
Ma anche il nostro paese non
può certo accettare a cuor leggero una sorta di compromesso come
proposto dalla Spagna fra Fondi Pac e fondi di coesione, considerando
che il nostro paese per il periodo 2014-2020 è stato con i suoi 73,7
miliardi di euro, il secondo maggior beneficiario ( dietro alla
Polonia, la stessa Spagna è comunque al terzo posto) di fondi. Il
vero problema del nostro paese è quello di riuscire ad impiegarli,
ma questo è tutt’altro discorso. Come di recente denunciato dal
senatore Patrizio La Pietra, di Fdi, capogruppo in commissione
agricoltura, in una audizione al Senato “La bozza sulla nuova Pac
presentata dalla Commissione europea, purtroppo conferma quanto da
tempo sostiene Fratelli d'Italia e cioè un danno per la nostra
agricoltura quantificato in un taglio netto di 2,7 miliardi di euro.
Cifre che si scontrano con gli annunci del Commissario europeo. Non
si può pensare di sviluppare l'agricoltura attraverso politiche
green se poi si operano tagli alle risorse. Tutto questo penalizzerà
la nostra agricoltura, aumentando a sua volta il divario rispetto gli
altri paesi dell’area euro, dove i costi del lavoro, la tassazione
e i servizi sono profondamente diversi dai nostri. La verità è che
si sta creando un vero e proprio sistema di concorrenza sleale nei
confronti della nostra agricoltura”. Ecco perché la questione per
il nostro paese si fa oltremodo difficile ed occorre una forte
coesione con altri paesi per formare un blocco che possa cercare di
arginare le pretese di chi vorrebbe una drastica riduzione dei fondi
per agricoltura e aree sottosviluppate. Inoltre secondo i nuovi
criteri che la Commissione europea vorrebbe adottare, basati su una
media astratta sul criterio della superficie agricola, senza contare
fattori chiavi quali i costi di produzione, il valore aggiunto della
produzione il reddito medio o le questioni climatiche, la nuova
ripartizione dei fondi andrebbe ad aggravare ulteriormente il quadro
dei piccoli produttori, che nel nostro paese sono la stragrande
maggioranza. Secondo gli ultimi calcoli il nostro paese rischierebbe
di perdere quasi 3 miliardi di fondi per l’agricoltura rispetto al
periodo precedente.
Ma questo problema si scontra con la necessità
di alzare il budget, che per ora rimane fissato poco sopra all’1%
del Pil europeo. La proposta spagnola parte appunto dal presupposto
che il budget debba comunque essere alzato e non fermarsi alla
proposta di mediazione proposta dal presidente del Consiglio Europeo
Charles Michel che vedeva nell’1.074% del reddito nazionale lordo
un possibile punto di incontro. Dopo le parole di Macron al Consiglio
europeo ( “Non voglio sacrificare la politica agricola. Lo dico
chiaramente: non è l'agricoltura che pagherà per Brexit.”) e
adesso la proposta arrivata dalla Spagna è che molto in Europa nei
prossimi mesi, per l’accordo sul bilancio, si giocherà proprio
sulla PAC ( anche perché li pare siano destinati i maggiori tagli),
e il nostro paese può e deve giocare un ruolo da protagonista.