“Tanto
tuonò che alla fine piovve” si potrebbe chiosare così, per
commentare il momento di evidente leggero appannamento della Lega e
del suo” capitano”. La incredibile macchina da guerra
comunicativa del segretario delle Lega pare essere entrata in crisi,
come gia sbandierano ai quattro venti i giornaloni. Forse parlare di
crisi appare un po' azzardato, però in effetti, dopo l' ennesimo
trionfo elettorale in Abruzzo, qualcosa è cambiato. Il grandissimo
impatto emotivo suscitato dal ministro verso la sua base elettorale,
ha cominciato a mostrare qualche piccolo segnale di cedimento Niente
di preoccupante per carità, qui si parla di spifferi, se paragonato
a quello che e successo e sta succedendo negli altri (ex) grandi
partiti. I sondaggi premiano sempre il partito e il suo leader, ma è
indubbio che l'onda di urto dei giorni scorsi, dove pareva che
Salvini potesse conquistare il mondo come un moderno Alessandro
Magno, ha perso parte della sua veemenza. Questo può avere sia cause
esogene, su cui la Lega poco può fare e sia cause endogene, dove
invece qualche scelta o atteggiamento politico possono aver incrinato
la luna di miele del partito con gli elettori. Per prima cosa occorre
dire che un leggero calo nei consensi era nello stato delle cose e
anche fisiologico, considerando che in un solo anno la Lega ha più
che raddoppiato i propri consensi. Adottando un termine borsistico si
può dire forse che la lega sia entrata in una fase di leggero
“ritracciamento”, che avviene sempre quando appunto un titolo
dopo una salita vertiginosa nelle quotazioni, ha un leggero calo.
Sempre utilizzando il gergo borsistico bisogna vedere se in questo
caso si possa parlare appunto di semplice rallentamento, che prelude
ad un ulteriore allungo oppure di una brusca frenata. Detto questo
bisogna con spirito critico analizzare i fattori che possono aver
influito nell' arrestare la corsa dei leghisti. Indubbiamente
l'atteggiamento degli alleati di governo, i 5 stelle, dopo aver
subito quasi passivamente per mesi l'ingordigia (in tutti i sensi
visto i post rilasciati dal capitano in ambito culinario) di Salvini
nel suo ruolo dell'uomo forte al comando, hanno deciso per un
radicale cambio di rotta, rialzando la testa, sia sul piano delle
proprie battaglie politiche personali e sia criticando, nemmeno
troppo velatamente e a più riprese alcune scelte del ministro e
della Lega, come nel caso del tanto contestato congresso sulla
famiglia a Verona oppure nel caso del memorandum sulla via della
seta, in cui la posizione defilata del ministro degli Interni ha
lasciato grande visibilità a Di Maio, proprio verso quella parte
dell'Italia che produce, che dovrebbe invece rappresentare lo zoccolo
duro del voto leghista. La continua polemica fra i due alleati di
governo comincia insomma anche a nuocere alla Lega stessa. Alcune
polemiche sui social hanno mostrato poi per la prima volta il fianco
alle critiche proprio sul campo di “battaglia” dove la “bestia”
( cosi viene denominato lo staff di Luca Morisi, vero uomo ombra
della comunicazione social di Salvini), da molti vista come la vera
arma in più del “capitano”. Paradossalmente poi il fatto che la
questione migratoria sia un po' uscita dai radar dell'opinione
pubblica, grazie proprio alla politica del ministro degli Interni, ha
contribuito a togliere un argomento da sempre decisivo alla macchina
del consenso Salviniana. E poi come non citare la sempre maggiore
visibilità raggiunta dalla Meloni, che dopo aver superato come
considerazione nel campo del centro destra proprio presso lo stesso
Salvini, ora da abile stratega sta lavorando da tempo sottotraccia
per togliere parte del consenso proprio alla Lega. La Meloni,
infatti, come si è visto in molte delicate questioni, parte dal non
trascurabile vantaggio di essere libera da coinvolgimenti con il
governo e quindi dalla sua posizione di opposizione può giocare
facile nel soffiare sul fuoco della sempre piu tangibile
insoddisfazione dei cittadini, in una situazione economica che
comincia a scricchiolare nuovamente. Anche a livello europeo la
stessa Meloni pare aver compiuto dei passi importanti verso nuove
alleanze, dove invece la Lega pare incontrare qualche resistenza fra
il fronte dei cosiddetti sovranisti. Forse in questo Salvini e la
Lega hanno poche colpe, se non quella di una leggera
sottovalutazione, ma dare meriti più che altro alla indiscutibile
abilità e capacità di leadership della Meloni, che sempre più sta
mostrando di essere pronta al grande salto verso incarichi di
rilevanza. Infine in questi giorni è arrivata la polemica del
governo verso il blindatissimo ( dal Qurinale) ministro dell'economia
Tria sulla questione dei rimborsi ai truffati dalle banche. La
questione è delicata assai e la polemica rischia di invischiare
sopratutto la Lega in una polemica che potrebbe portare dopo le
elezioni a decisioni clamorose con la sostituzione dello stesso
ministro. Questo significherebbe oltre alle prevedibili tensioni con
il Colle e sopratutto sui mercati finanziari, anche una
responsabilità come partito a cui verrebbe offerto ( come una
polpetta avvelenata ) un ministero diventato sempre più caldo, visto
le incombenze finanziarie che aspettano il nostro paese da qui
all'autunno. Non è un caso che uno dei più strenui difensori dello
stesso Tria sia stato proprio il sottosegretario Giorgetti, che ben
conosce le dinamiche che aspettano il nostro paese nei prossimi mesi
e che sicuramente pensa che una rivoluzione al ministero sia inutile
oltre che dannosa. Ecco perchè alla Lega da qui alle elezioni
europee si chiede un cambio di passo. Salvini è troppo intelligente,
astuto e lungimirante per non rendersi conto di essere entrato in una
sorta di cul de sac con i suoi scomodi alleati. Per mesi ha avuto
gioco facile a lavorarli ai fianchi e contribuire a inglobarli con la
sua politica comunicativa forte e facendo leva sulle paure legate
alla immigrazione clandestina e alla criminalità. Ma adesso bisogna
voltare pagina ed occuparsi delle molte questioni legate alla
difficile situazione economica del paese, che dalla politica dei
continui no del movimento di certo non può trarre giovamento. Perchè
è sulle questioni economiche che si gioca la partita e su queste
questioni la gente si aspetta molto più dalla Lega, che dal
movimento 5 stelle, che come si sa ha una idea di rilancio del paese
che cozza non poco con quello che pensano, non solo economisti e
parte produttiva del paese, ma anche sicuramente con quello che pensa
la maggioranza dell'elettorato della Lega, che proprio dalla parte
più produttiva di questo paese, ha preso negli anni linfa vitale,
sotto forma di consenso, per arrivare al governo del paese. Il nuovo
DL sulla crescita è sicuramente un buon punto di partenza da cui
ripartire, ma quello che deve cambiare sopratutto per la Lega è un
atteggiamento più attento ai problemi e meno alle beghe interne di
una maggioranza fino a qui troppo litigiosa.
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