Fa una certa impressione sentire la ministra dei trasporti De Micheli dire con una certa naturalezza che lo Stato con Alitalia “ ha fatto un (l'ennesimo) sforzo enorme per inserirla in una competizione uniforme. Alitalia ha futuro solo c’è una strategia industriale. Senza questa tra due o tre anni saremo daccapo. “Bella scoperta signora ministro, sarebbe il caso di dire, pare piuttosto ovvio che senza strategia industriale non esiste futuro per nessuna azienda. Ma il fatto che forse la ministra omette di dire è che questa strategia ora dovrebbe essere messa in campo proprio dal suo ministero, e quindi detta affermazione pare assomigliare ad una sorta di soliloquio senza costrutto. Ma quello che lascia ancora più perplessi è capire cosa si intende dire, quando si parla di “competizione uniforme”. Forse si riferisce al fatto che la pandemia Covid ha reso il settore aereo in generale “uniforme” alla situazione fallimentare della compagnia italiana, pre pandemia o forse si intende, è ciò sarebbe per certi versi ancora più grave, che in qualche modo si vorrebbe imporre regole dall’alto in un mercato libero per appunto uniformare un mercato, favorendo magari proprio chi in questo mercato ha dimostrato nei fatti di non essere in grado di rimanerci. Se queste sono le premesse e se come si dice il buongiorno si vede dal mattino, abbiamo la forte sensazione che i due tre anni preconizzati dalla ministra,prima che si torni al punto di partenza, sono un lasso di tempo forse troppo ottimistico. Il mercato libero per sua natura prevede che solo chi è in grado di competere alle leggi del mercato può operare in detto mercato, altrimenti come in natura, il mercato stesso tende ad estromettere dallo stesso i più deboli. Alitalia è da almeno un ventennio, forse il più indicativo esempio di come certe pratiche e politiche economiche scellerate siano state deleterie per il mondo imprenditoriale e per l'economia del nostro paese. Mancanza di strategia industriale, assistenzialismo, favoritismi, classe dirigente incompetente nel migliore dei casi, se non disonesta in altri casi hanno infatti, determinato una situazione in cui la compagnia aerea brucia liquidità molto più velocemente di quanto i suoi aerei facciano con il kerosene durante i voli. Inutile elencare la lunghissima serie di errori commessa nel travagliato percorso gestionale di Alitalia, uno dei fiori all'occhiello del paese, smembrata in pochi anni, con operazioni che di sensato avevano davvero poco. Ora il governo ha deciso per l'ennesimo oneroso salvataggio statale, approfittando della “finestra” che l emergenza pandemica ha concesso per intervenire pesantemente nel capitale di Alitalia. Ma invece di pensare a come cercare di far uscire Alitalia da quella che pare una crisi irreversibile, dalle parole del ministro competente si evince come in realtà non si abbia un'idea precisa di come approcciare la delicata questione e per questo maldestramente si metta le mani avanti lanciando messaggi poco rassicuranti. Avere una compagnia di bandiera non è un assioma imprescindibile come molti politici vogliono far credere. Non è affatto dimostrato che questo porti maggiore turismo e ricchezza ad un paese. Se la compagnia non ha una strategia aziendale precisa come si è visto in questi anni, i turisti utilizzano come è giusto che sia altre compagnie. Alitalia e marginale da tempo e da qualche anno non è più il principale vettore nemmeno sul territorio nazionale. Forse allora sarebbe il caso di quello accaduto in altri paesi europei in casi simili. Sono molti i casi che dimostrano che privatizzare o lasciare fallire compagnie che non riescono a camminare con le proprie gambe, alla lunga possa essere la soluzione migliore oltre che quella più economica. La Swiss Air è solo uno degli ultimi esempi di quanto detto, ma anche la belga Sabena ambedue fallite nei primi anni 2000, durante la crisi gravissima post attentati alle torri gemelle, dalle cui ceneri sono nate nuove compagnie sane. Ma qualcuno potrebbe obiettare che la Svizzera e il Belgio non hanno certo la vocazione turistica del nostro paese. Secondo i grandi esperti di turismo che la nostra politica da sempre annovera e che hanno permesso al paese più bello del mondo di scendere al quinto posto come arrivi turistici, avere una compagnia di bandiera sia fondamentale. Beh avere una compagnia che non funziona come Alitalia e peggio che non averla. E poi se si pensa alla Spagna ( primo paese al mondo nel 2018 per arrivi turistici) e a come si è comportato il governo spagnolo con la sua compagnia Iberia, si può facilmente smontare questa falsa asserzione. Dopo essere stata privatizzata nel 2001, infatti, Iberia gestita in maniera oculata, è riuscita a farsi strada grazie ad una politica incentrata sul lungo raggio mirata verso determinate zone geografiche e sulla coesistenza di due hub Madrid e Barcellona ( qualcuno ricorderà la sterile e onerosa polemica durata mesi sulla impossibilità ad avere due hub sul suolo italiano). Quando poi si è capito che da sola la compagnia non avrebbe potuto competere con i colossi del settore si è deciso per un fusione nel 2009 con British airways ( IAG) dando vita al terzo principale operatore europeo. La privatizzazione di Alitalia da parte dei capitani coraggiosi ( si fa per dire chiaramente) sotto il governo Berlusconi, ne ha invece forse decretato la sua definitiva uscita dal mercato. Dopo quella fallimentare gestione si sono susseguiti vani tentativi di salvataggio, l’ultimo con ingresso nel capitale della compagnia degli Emirati, Ethiad airways, che ha pensato solo a spolpare ulteriormente quello che ancora aveva un valore all interno della stessa e cioè gli slot e il programma mille miglia che ha portato alla rottura dell'alleanza dopo due soli anni. Se insomma la ministra De Micheli adesso pensa che l'ingresso dello Stato in una compagnia decotta possa avere successo magari stravolgendo le regole del mercato si rischierà l'ennesimo errore di valutazione commesso in passato.. E allora il fallimento da troppo tempo forse rimandato sarà inevitabile con grande discredito e con un ulteriore inutile spreco di risorse pubbliche che in un momento difficile come questo potrebbe si rappresentare un ulteriore durissimo colpo per un settore come quello del turismo già in ginocchio per il Covid.
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