giovedì 17 gennaio 2019

IL PROBLEMA PAYBACK PER IL MONDO PHARMA


L'industria farmaceutica italiana, anche se in leggera flessione nell'ultimo trimestre, è comunque il settore con la più alta crescita dal 2007 al 2017 della produzione (+24% vs -18% della media manifatturiera) dell’export (+107% vs +23% della media), che ha determinato il 100% della crescita negli ultimi due anni è il settore che ha aumentato di più l’occupazione (+4,5% vs +1,5% della media manifatturiera); dal 2013 4 mila addetti in più, soprattutto in produzione e ricerca, è il 3° settore per investimenti in R&S (7% del totale in Italia) e con il valore più alto per investimenti in R&S sul valore aggiunto (16%) è tra i settori più green: negli ultimi 10 anni sono molto diminuiti sia i consumi energetici (-69% vs -18% della media manifatturiera) sia le emissioni di gas climalteranti (-66% vs -19%), il 90% delle imprese sta adottando l’innovazione 4.0 nella produzione nel confronto con l’UE, l’Italia è il primo Paese per produzione di medicinali (31,2 miliardi) ¾ con la più alta crescita dell’export (dal 2007 a al 2017 +107% rispetto a +74%), con la più alta crescita degli investimenti in R&S (dal 2012 +22% vs 16%). Le imprese a capitale italiano si caratterizzano per un fatturato realizzato all’estero pari al 70% del totale, in notevole crescita e significativamente più elevato rispetto alla media manifatturiera. Vendite estere più che raddoppiate negli ultimi 10 anni (da 3,1 miliardi nel 2007 a 7,3 nel 2017), non in un’ottica di delocalizzazione ma di presidio di nuovi mercati, che ha consentito di rafforzare la presenza in Italia delle attività di R&S e produzione. L’Italia del farmaco gode insomma di ottima salute e si dimostra come uno dei settori trainanti della crescita del paese: «Siamo i primi in Europa per produzione farmaceutica, grazie al traino dell’export. Un successo — ha detto alla recente assise di Farmindustria il presidente Scaccabarozzi — che dimostra la qualità del nostro sistema Paese. E che ha ricadute importanti: più occupazione, investimenti, sinergie con indotto e Università, sviluppo degli studi clinici che fanno crescere la qualità delle cure e portano al Servizio Sanitario impor-tanti risorse». Nella classifica per export dei 119 settori dell’economia in Italia, nel 1991 i medicinali erano al cinquantasettesimo posto, oggi sono al quarto. Le imprese del farmaco, per di più, avanza-no anche sul fronte occupazionale: gli addetti nel 2017 hanno raggiunto quota 65.400 (93% a tempo indeterminato), 1.000 in più rispetto al 2016. E nell’ultimo triennio le assunzioni sono state 6.000 ogni anno. Fiore all’occhiello del settore è poi l’occupazione giovanile: secondo i dati Inps, dal 2014 al 2016 gli addetti under 35 sono aumentati del 10%, rispetto al + 3% del totale dell’economia. E tante sono le donne occupate, pari al 42% del totale. Un quadro positivo confermato anche dalla crescita degli in-vestimenti: nel 2017 le imprese hanno investito 2,8 miliardi (1,5 in ricerca e 1,3 in impianti produttivi).
Così il settore del farmaco è terzo in Italia tra i settori manifatturieri per investimenti in Ricerca e sviluppo, cresciuti del 22% negli ultimi 5 anni. Di più della media degli altri Paesi europei (16%). Ma non si tratta solo di numeri ed economia. La ricerca ha portato infatti alla nascita di nuovi farmaci e terapie, con un risultato concreto: dal 1978 a oggi gli italiani hanno guadagnato dieci anni di vita. In questo quadro cosi positivo però come dicono da Farmaindustria incombe il problema del payback. Come è noto, il cosiddetto pay back identifica la particolare procedura introdotta con l'art. 15 del citato DL n. 95/2012, per effetto della quale le aziende del comparto farmaceutico sono chiamate a ripianare parzialmente – in misura pari al 50% - l'eccedenza della spesa farmaceutica ospedaliera, allorché sia superato il suo tetto stabilito per legge. Più precisamente, nel caso in cui venga accertato dall' Aifa uno sforamento della soglia, il comma 8, dell'art. 15 richiamato prevede che il ripiano sia effettuato dalle imprese mediante versamenti disposti direttamente a favore delle Regioni e delle Province autonome. Tali somme sono calcolate sui prezzi dei farmaci al lordo dell'Iva. Un meccanismo insomma piuttosto complicato e anche per certi versi perverso, che ha determinato anche diversi contenziosi fra Governo e industria farmaceutica che è costretta a coprire gli eccessi di vendita, a accusa anche degli eccessivi utilizzi che vengono fatti dei farmaci nella sanità pubblica. E i conti, infatti, non tornano. Tra il payback 2013-2015 e il payback 2016 risultano non incassati 789 milioni di euro che di fatto rendono insostenibile l’equilibrio economico, con la conseguenza che molte regioni rischiano il piano di rientro, tenendo anche conto del fatto che molte aziende farmaceutiche, pur avendo pagato, hanno comunque fatto ricorso. Sul fronte opposto, l'industria difende le sue ragioni. «Io so che le imprese del farmaco - spiega sempre il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi- hanno pagato un miliardo e mezzo tra tutti i payback. Non credo che sia colpa delle imprese se questi soldi non sono arrivati, perché noi li abbiamo pagati. Non è tutto quello che si aspettavano, ma perché probabilmente i numeri non erano corretti. Ci sono 880 milioni già pagati per il 2013-15 che restano nelle mani dello Stato. E ci sono altri 580 milioni di euro del 2016 già arrivati alle regioni e già ripartiti. Quindi non si può dire che le industrie non hanno pagato. Io credo che l'atteggiamento giusto delle imprese sia quello di pagare tutto il dovuto , ma non un centesimo in più. Insomma un miliardo e mezzo sono usciti dalle nostre casse. Ed è ora di parlare di sostenibilità anche per le industrie». La manovra del governo del cambiamento introduce finalmente dal 2019 una nuova disciplina per il monitoraggio del rispetto dei tetti di spesa farmaceutica per acquisti diretti, vale a dire la spesa farmaceutica ospedaliera, ed il corrispondente ripiano (payback) in caso di sfondamento da parte delle aziende farmaceutiche, con la finalità di superarne il meccanismo di determinazione calcolato sul budget assegnato alle medesime aziende (cd. budget company) con il più metodo – ritenuto “più appropriato” – delle quote di mercato di ciascuna azienda (commi 574-583). Sperando che questo possa essere il primo passo per dirimere una questione per un comparto che sta diventando sempre piu fondamentale per l'economia nostrana.

vcaccioppoli@gmail.com

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