lunedì 17 febbraio 2020

FINLANDIA IN CRISI PER LA TROPPA AUSTERITY

La Finlandia ha proposto di affrontare il crescente indebitamento delle famiglie, favorito da bassi tassi di interesse e dalla digitalizzazione dei servizi di credito, attraverso una strategia nazionale volta a migliorare l'educazione finanziaria dei cittadini. Secondo la Banca di Finlandia, l'indebitamento delle famiglie in relazione al loro reddito è più elevato che mai e raggiunge una media del 127%, una tendenza che, secondo le autorità, rappresenta una minaccia sia per la prosperità dei cittadini che per l'economia nazionale. Secondo Jenni Hellstrom, direttore della comunicazione della Banca di Finlandia, uno dei principali fattori del crescente indebitamento dei finlandesi è la digitalizzazione dei pagamenti - con una carta o con applicazioni mobile - e il minore utilizzo di denaro contante. 
La percentuale di pagamenti con carta di credito o di debito dei consumatori finlandesi nei negozi è aumentata dal 30% nel 2000 all'81% nel 2018, mentre l'uso del denaro è stato ridotto al 19%, secondo i dati della Banca di Finlandia. "L'indebitamento ha a che fare con il modo in cui vengono effettuati i pagamenti nei Paesi nordici, perché l'intero processo di pagamento per gli acquisti è diventato letteralmente invisibile", afferma Hellstrom. "Quello che vediamo è che, soprattutto tra i giovani, ma anche tra altre fasce della popolazione, a volte capita che il conto di quanto effettivamente speso non venga considerato, pagare è così facile che non viene più data così tanta attenzione", aggiunge. Questo dato dovrebbe forse far riflettere chi all'interno della attuale maggioranza giallorossa continua a spingere per una diffusione dei pagamenti con carta di credito anche per piccoli importi anche in Italia. 
Il fatto che il nostro paese sia uno dei paesi con il maggior tasso di risparmio famigliare al mondo forse analizzando questi dati finlandesi dovrebbe far riflettere su quali effetti potrebbe avere su di esso un eccessivo aumento dell'utilizzo di pagamenti digitali. Ma analizzando più in generale la situazione della Finlandia, che sempre viene vista come un paese virtuoso e all'avanguardia per molti aspetti in materia di vivibilità, clima, educazione e welfare, forse ci si accorge che molti miti andrebbero sfatati. La Finlandia, infatti, spesso viene valutata ai primi posti nelle classifiche dei paesi più felici al mondo, ma è 32° per il numero dei suicidi ( l'Italia è 142°) ed invece al 158° per quella che attiene al tassi di natalità. Insomma come si può vedere dati piuttosto discordanti e che se vogliamo non rappresentano la Finlandia come l'isola felice che molti forse pensano sia. D'altra parte la Finlandia è sempre stato uno dei paesi maggiormente convinti della necessita della politica della asuterity, anche se certo, come si può ben vedere dai dati, non ha certo contribuito ad accrescere l'economia e il benessere dei propri cittadini, anzi. Impersonata dall’ex primo ministro (2011-2014) . ex commissario europeo Jyrki Katainen ( che molti in Italia ricorderanno come una sorta di falco implacabile quando si doveva discutere di politiche di bilancio anche per il nostro paese), ed ex  vicepresidente  della scorsa Commissione di Bruxelles, l’austerità ortodossa di Helsinki ha portato a non ritenere esaustiva per l’uscita dalla Grande Recessione alcuna misura che non fosse incentrata sul taglio al welfare, sul contenimento della spesa pubblica e sulla riduzione del deficit di bilancio. 
Tutto ciò ha determinato per l’economia finlandese tra il 2008 e il 2015  una contrazione del Pil da 283 a 232 miliardi di euro (-18%) prima di risalire fino a 251 miliardi, senza che al contempo il governo liberale di Helsinki, guidato dopo Katainen, da Alexander Stubb (2014-2015) e Juha Silpila (2015-2019) sapesse andare oltre la ortodossia dell'austerity a tutti i costi. La Finlandia ha sempre battuto duramente sul chiodo dell’austerity, predicato il rispetto delle regole europee e la contrazione del debito pubblico dei Paesi dell’Unione. Forse però in tal senso uno spiraglio comincia ad intravedersi anche da quelle parti, perché nello scorso Giugno, la risicatissima vittoria dei socialdemocratici sui populisti ( per un solo seggio di differenza) ha portato al governo il nuovo primo ministro Antti Rinne, 57 anni, che aveva subito dichiarato la ferma volontà di spezzare i vincoli dell’austerità che hanno massacrato l’economia finlandese, ridotto il welfare e frenato la crescita del Paese. Il piano prevedeva un aumento della spesa pubblica di 1,23 miliardi all’anno da qui al 2023, a cui si aggiungono 3 miliardi utilizzabili in caso di shock esterno, come una nuova recessione nell’Eurozona. Ora resta da vedere se, dopo le sue dimissioni causate dalla supposta cattiva gestione dello sciopero dei dipendenti delle poste nazionali, come si comporterà, in campo economico la nuova giovanissima premier Sanna Marin, che ha preso il suo posto alla guida dell'esecutivo. La sua prima proposta di ridurre la settimana a 4 giorni mantenendo lo stesso stipendio indica che la strada sembra essere ormai quella. Ma certo è che la sua priorità sembra quella di arrivare alla neutralità di emissioni di Co2 il prima possibile. E difficile pensare ad arrivare ad un programma cosi ambizioso senza un piano di investimenti massiccio liberato dai vincoli della austerity. Anche perché il partito populista finlandese ha fatto, in campagna elettorale, molto leva sullo scontento popolare che questi anni di austerità hanno creato nella popolazione. Il fatto poi di essere fra i principali difensori di questa politica anche in Europa, non ha fatto altro che rafforzato la tesi dei populisti che hanno perciò aumentato il loro consenso, fino a sfiorare un clamoroso successo. Inoltre il paese deve anche fare i conti, in questi ultimi anni, con un costante aumento della criminalità comune, che le destre addebitano in larga parte all'aumento della immigrazione clandestina. 
Ecco perché forse dal piccolo paese finlandese, da sempre uno dei più solidi alleati della politica di bilancio della austerità in Europa, cosi cara ad austriaci e tedeschi, può aprirsi quella crepa nella solidità di una fermezza nel mantenere rigidi vincoli di bilancio che hanno fallito e che hanno contribuito a rendere il continente sempre meno competitivo e in difficoltà contro i due giganti mondiali Usa e Cina

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