Raccontano che nei corridoi della
Farnesina, sede del ministero degli Esteri in questi mesi anche i
sindacati interni, da sempre piuttosto combattivi per perorare le
cause dei propri associati, siano entrati in una sorta di apatia e di
atteggiamento attendista. Forse perchè come spiega qualche dirigente
di lungo corso, anche loro si sono resi conto di una sorta di
mancanza di interlocutori con i quali portare avanti le proprie
istanze. Ed effettivamente bisogna dire che il ministro degli esteri
Moaveri Milanesi non può essere certo annoverato fra i ministri più
presenzialisti sulla scena politica nostrana, anzi probabilmente la
gran parte dei cittadini nemmeno sa chi sia a ricoprire un simile
ruolo nel nuovo esecutivo. In tutte le questioni in cui comunque un
ministro degli Esteri dovrebbe far sentire la sua voce o comunque
giocare un ruolo, l'attuale ministro degli Esteri si è, infatti,
distinto proprio per la sua quasi totale assenza sulla scena,
lasciando le luci della ribalta al premier e ai suoi due attivissimi
vice. Si ricordano, infatti, già diverse missioni all'estero del
vicepremier Di Maio, altrettante dell'altro vicepremier Salvini, ma
in ognuna di esse brillava per la sua assenza proprio il titolare del
dicastero della Farnesina, che sembra non gradire oltre che il
presenzialismo nemmeno troppo i viaggi, che per un ministero come il
suo sembra a dir poco un paradosso. Nessuno ricorda una sua presa di
posizione su questioni delicate che sono sicuramente di sua
pertinenza, come la crisi del Venezuela o la situazione migratoria, o
la crisi con la commissione Europeo in occasione della approvazione
della nuova manovra finanziaria, o ancora nella querelle con la
Francia, per finire con i recenti colloqui con la Cina per la firma
del memorandum sulla via della Seta. Le voci raccontano che il
ministro sia mal sopportato sia dai 5 stelle, ma sopratutto dai
leghisti e per questo sia stato messo all'angolo e pregato di non
disturbare il manovratore. Troppo compromesso con i “poteri forti”,
troppo vicino al tanto odiato professore Monti. Nel governo in realtà
nemmeno ci sarebbe dovuto entrare. Gli esteri , infatti, sarebbero
dovuti essere appannaggio dell'ambasciatore di lungo corso Luca
Giansanti. Ma all'ultimo momento come già accaduto per l'ambasciata
di Parigi nel 2018, il suo nome è stato cancellato. Secondo i bene
informati pare che questa sia stata una richiesta esplicita del
Colle, che voleva a capo della Farnesina un europeista convinto,
dopo il suo rifiuto di Savona all'economia proprio per la opposta
ragione. Nato a Roma il 17 agosto 1954, Moavero Milanesi è un
giurista e avvocato. Tra le sue esperienze più significative
moltissime sono legate all'Unione europea e alle sue istituzioni. Un
profilo sicuramente gradito a Bruxelles, dunque, e che può vantare
ottime relazioni in ambito comunitario. È stato giudice di primo
grado presso la Corte di giustizia dell'Unione europea, in
Lussemburgo. E ha ricoperto il ruolo di collaboratore della
Commissione europea come direttore generale del Bureau of European
Policy Advisors. Viene definito da molti come il braccio destro di
Mario Monti: ha accompagnato l'ex presidente del Consiglio in molte
delle sue esperienze politiche (in Italia e in Europa) ricoprendo
sempre ruoli di grande rilievo nei gabinetti guidati dallo stesso
Monti. È stato professore di diritto comunitario alla Sapienza e
alla Luiss, a Roma. Nel suo curriculum anche la direzione della
School of Law della Luiss, dove ancora insegna così come a Bruges,
dove ha completato i suoi studi. Insomma sicuramente un curriculum di
tutto rispetto, ma certo non ha le caratteristiche che si possano
attagliare ad un governo gialloverde. Forse per questo allora che i
due vicepremier cercano di fare come se alla Farnesina il posto fosse
vacante e si occupano loro a turno degli affari esteri, lasciando al
ministro il disbrigo delle pure formalità e qualche sporadico
commento. Come non notare la sua quasi totale assenza di
dichiarazioni o di interventi durante la grave crisi diplomatica fra
Francia ed Italia a seguito delle dichiarazioni dei grillini sul
franco francese prima e poi sopratutto con l'incauto incontro fra Di
Maio e Di Battista con l' ala più dura dei gilet gialli francesi. In
una intervista recente al Corriere della Sera, una delle rare che si
ricordino, lo stesso ebbe a commentare che era normale che di alcune
questioni se ne occupassero Salvini e Di Maio. Però insomma, se si
analizzano bene le cose, non pare tanto normale che una crisi
diplomatica grave e seria con un alleato storico come la Francia non
sia materia di pertinenza di un ministro degli Esteri. Considerando
che in quella occasioni si arrivò anche al richiamo della
ambasciatore francese in patria. Si fa fatica a capire come un
ministro degli Esteri non abbia gestito in nessun modo una simile
delicata questione. A meno che questo suo atteggiamento cosi ”
distaccato” non sia solo dovuto alla presunta ostilità nei suoi
confronti di Lega e 5 stelle, ma sia stato creato ad arte da lui
stesso e dal suo entourage ( professore Monti in testa, che ancora
mantiene uno stretto legame con il minsitro ) per mostrare un certo
disaccordo con la linea di politica estera, e non solo, del governo.
Certo è che alla lunga questa situazione di un ministro cosi
importante svuotato dalle sue funzioni potrebbe danneggiare
l'immagine del nostro paese e a lasciare il fianco alle critiche di
chi considera questo governo come in una perenne guerra con il mondo.
Forse il ministro è sopportato o forse è lui che preferisce
defilarsi, ma sicuramente questa situazione non gioca a favore della
considerazione internazionale del nostro paese e rischia di metterci
in imbarazzo come nella questione del Venezuela, quando non si
riusciva a decifrare dove effettivamente fosse schierato il governo,
con Salvini sostenitore di Gaudio e delle elezioni e i 5 stelle
fautori di un lento processo elettorale, senza condannare Maduro. Non
vorremmo insomma mai dover rimpiangere il suo predecessore, che ne
siamo certi, se non altro per il suo pittoresco inglese, avrà
lasciato un simpatico ricordo fra gli ambienti diplomatici
internazionali.
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