sabato 8 agosto 2020

LA LEGA BEN SALDA NELLE MANI DI SALVINI

 


Una settimana fa in un bar nei pressi di Palazzo Madama, un capannello di senatori della Lega commentava, sorridendo, l'ennesimo articolo di giornale che descriveva come evento assai probabile quello di un prossima scissione della Lega, a causa di supposte difficoltà crescenti per Salvini di tenere il partito unito. Da giorni infatti su alcuni giornali si susseguono ipotesi che immaginano scissioni, trame interne, nordisti pronti a fondare un nuovo partito e Giorgetti che preparerebbe improbabili colpi di mano per portare alla guida del partito Luca Zaia, da tempo indicato  come il vero rivale interno del segretario leghista. Insomma secondo il mainstream di sinistra, e non solo, Matteo Salvini dovrebbe far fronte ad una sorta di guerra interna, che lo vorrebbe far fuori dalla guida del partito. Partito che grazie a lui è arrivato in pochissimo tempo ad essere il primo partito italiano. Ma si sa la riconoscenza in politica non esiste e quindi adesso che i sondaggi sembrano aver voltato le spalle a Salvini è opinione comune che molti sarebbero pronti a farlo fuori anche dalla Lega. Ma forse si fanno i conti senza l'oste e si confonde la speranza di alcuni con la realtà dei fatti. La lega è ancora saldamente in mano al suo leader, impegnatissimo nella campagna elettorale in Toscana e poi combattivo e forte che mai. D’altra parte la Lega fin dalle suo origini, si è sempre contraddistinto da altre formazioni politiche per essere appunto un partito unito e coeso intorno alla figura di un leader carismatico. Fino a pochi anni fa il padre padrone era Bossi e nessuno osava contestare le sue mosse anche quando apparivano poco ortodosse. Più di una volta si è vociferato di liti interne fra quanti erano con Bossi e quanti invece avrebbero visto alla guida del partito il più moderato Roberto Maroni. Caso vuole che proprio il profilo dell'ex ministro degli interni leghista sia assai simile a quello del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che sempre secondo questi bene informati sarebbe pronto alla “scalata” del partito. Come Maroni infatti era considerato posato, autorevole, political correct e presentabile per le alte sfere, rispetto al carattere, ruvido duro e poco incline ai compromessi del vecchio Bossi, così Zaia viene considerato come l alternativa più moderata e presentabile di Salvini e perciò  sicuramente piu adeguato a ricoprire ruoli di responsabilità. Ma l’impressione che si ha è che si tratti ora come allora, di un semplice gioco delle parti a cui probabilmente si adegua buona parte dei vertici del partito, compreso il buon Giorgetti, che mentre molti osservatori vedono sempre meno tollerante verso le uscite di Salvini in realtà sarebbe molto più legato e vicino al segretario, di quanto molti vogliano far credere. Nessuno più di Zaia forse ha il suo destino e percorso politico così strettamente legato a Salvini, così come Marini lo era a Bossi. Il resto è solo retorica e dietrologia. Non è che perdendo qualche punto percentuale nei sondaggi ( dopo averne guadagnati più di una ventina in un anno e mezzo.!!!) si possa essere messi già in discussione. Chi dice questo è perché non conosce la Lega e le sue meccaniche interne che sono rimaste le stesse negli anni. Bossi infatti, ha cominciato a perdere quella sua aura di invincibilità che aveva, a causa degli scandali delle malversazioni dei fondi del partito, usati, secondo le accuse, un pò troppo allegramente pro domo sua. Ma solo con l'avvento di Salvini la sua figura è diventata marginale all'interno del partito. L intelligenza di Salvini è stata quella di cambiare il volto alla vecchia Lega Nord e farlo diventare un partito nazionale, cosa a cui un Bossi ormai indebolito nello spirito e nel fisico non si è potuto opporre. Molti pensavano che il tentativo di Salvini sarebbe naufragato ed invece il suo successo in pochi anni è stato sorprendente. Ora la Lega è il primo partito nazionale, proprio grazie alla sua vocazione nazionale e alla figura del suo leader, che è amato dalla base come e più del vecchio Bossi ai tempi d’oro della Lega Nord, alla fine degli anni 90. Salvini è stato in grado di  raggiungere vette di consenso proprio in regioni come Toscana, Emilia, Puglia o Calabria, dove la Lega di Bossi praticamente non toccava palla. Il suo miracolo è stato quello di colmare quel vuoto di rappresentanza per quanti fino a qualche anno fa votavano a sinistra, ma che ora non si riconoscono più in questa sinistra troppo “borghese”e distratta verso le loro istanze. La svolta è stata la capacità del leader della Lega di capire in tempo bisognava cambiare strategia pena la irrilevanza politica e così ha fatto. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. In Emilia ha sfiorato un incredibile successo che lo avrebbe portato a conquistare una regione da decenni storicamente di sinistra. Ora il miracolo per certi versi forse ancora più clamoroso, potrebbe avvenire nella altra roccaforte rossa, quella Toscana di Renzi, che non a caso ha convintamente votato per autorizzazione a procedere in Senato contro Salvini nella vicenda della Open Arms. forse proprio nel vano tentativo di indebolirlo nella corsa alle regionali. Le piazze piene di questi giorni in mezza Toscana, ricordano quelle dell Emilia prima dell’inaspettato avvento delle sardine, che hanno sparigliato il campo. A vedere i sondaggi sempre più favorevoli alla candidata leghista Susanna Ceccardi c è davvero da essere sorpresi. La stella del leader leghista sembra stia superando tranquillamente, l'appannamento dovuto ai mesi di lock down che hanno inevitabilmente penalizzato un animale da palcoscenico come Salvini. Il tentativo di screditarlo pare più un esercizio retorico di commentatori e retroscenisti che una reale ipotesi sul campo. Difficile pensare ad un Salvini in difficoltà all’interno del suo partito, che lui ha forgiato a sua immagine e somiglianza. Salvini e più vivo che mai ed è più forte che mai nelle gerarchie della Lega e un eventuale clamoroso successo in Toscana potrebbe dargli nuova linfa anche a livello nazionale, per cercare la definitiva spallata ad un governo che continua nel suo tortuoso percorso tra distingui e litigi vari della maggioranza che lo compone. La Lega è Salvini e Salvini è la Lega. Piaccia o no questo è per ora un assioma in cui l'elettorato della Lega si riconosce e grazie al quale convintamente segue il partito e il suo leader. Un partito  diverso più grande più nuovo e più nazionale rispetto al vecchio partito personalistico e regionale di Bossi ma che ha mantenuto però fede alle sue gerarchie e alla sua totale fedeltà nel condottiero. Il fatto poi che Zaia rappresenti forse la Regione più tradizionalmente ancorata al vecchio cliché del partito autonomista e federale non fa altro che rafforzare paradossalmente la posizione di Salvini a livello nazionale. Salvini è ormai un leader a livello nazionale, a cui il federalismo comincia ad apparire una parola molto meno ricca di contenuti, rispetto al recente passato. Zaia rimane un grande presidente di Regione, ma essere un leader di un grande partito nazionale come è la Lega è ben altra cosa. Ed è proprio per questo che Matteo Salvini attualmente sembra non avere ancora rivali all'interno del partito e la sua posizione rimane perciò ancora ben salda al timone,alla faccia di chi pensa il contrario

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