venerdì 21 agosto 2020

SARA' VERA GLORIA PER NETANYAHU..?

 

Lo storico accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, annunciato inaspettatamente la scorsa settimana, preludio a relazioni diplomatiche normalizzate, è sicuramente per certi versi di portata storica e molti lo definiscono un trionfo per il premier Benjamin Netanyahu, che lo ha definito come “l’inizio di una nuova era” Che continua a dover fare i conti con una maggioranza interna tutt’altro che granitica Ed infatti nel panorama tumultuoso e litigioso della politica israeliana, le celebrazioni di Netanyahu sono state mitigate da aspre recriminazioni in patria, a ricordare che in Israele nessuna vittoria arriva senza ferite e senza contropartite. Nell'accordo, reso pubblico per la prima volta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, gli Emirati Arabi Uniti hanno concordato di stabilire pieni legami diplomatici con Israele in cambio della sospensione israeliana dei piani di annettere parti della Cisgiordania. La mossa degli Emirati Arabi Uniti smaschera definitivamente forse quella che ormai appariva essere una pura e semplice finzione di un fronte arabo unito contro Israele, che ha iniziato a sgretolarsi anni fa, nonostante le promesse dei leader arabi di non fare pace con Israele, fino alla creazione di uno stato palestinese. Media e commentatori israeliani dal loro canto, sono concordi nel definire l’annuncio come un passo decisivo per Israele verso la pace. Non c’è però unanimità rispetto alla direzione che dovrebbe rappresentare questo passo. “L’accordo tra Israele e Emirati Arabi Uniti è una pietra miliare importante e strategica verso nuovi processi nella nostra regione. Mi auguro che questo passo porti anche al rafforzamento della fiducia necessaria tra noi e i popoli della regione per raggiungere un accordo ampio e stabile tra tutti noi” è stato il commento a caldo del del presidente d’Israele Reuven Rivlin. Il direttore del quotidiano più filo-Netanyahu d’Israele, Israel Hayom, Boaz Bismuth, per esempio ha commentato entusiasta affermando che : “Il nuovo Medio Oriente ha alzato la testa ieri – ma in modo molto diverso da quello che hanno cercato di venderci. Israele è una potenza regionale che firma un accordo di pace senza chinare la testa e senza cedere territori. È vero, volevamo la sovranità ora ma l’idea è stata solo posticipata”. Bismuth si è spinto fino a dire che l’intesa raggiunta da Netanyahu con gli Emirati Arabi Uniti è più importante della pace raggiunta da Begin nel 1979 con l’Egitto e da Rabin nel 1994 con la Giordania. Ma nello stesso tempo non sono mancate anche le molte voci critiche per l’operato del premier israeliano.” Mi sento ingannato.”, ha dichiarato il 15 Agosto scorso, alla radio israeliana 103 Fm, Yossi Dagan, capo del Consiglio regionale della Samaria: “Netanyahu vende il futuro della Giudea e della Samaria in cambio di aria. Sono sotto shock! C’è un limite a quanto si può ingannare. C’è un limite al cinismo”. E sulla stessa lunghezza d’onda, l’analisi di un altro celebre giornalista israeliano, Ben Caspit (Maariv), altrettanto noto per essere un fervente critico del leader del Likud. “Se ci liberiamo dal rumore di fondo, allora l’annuncio di una roadmap verso la normalizzazione tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti è un’ottima notizia e anche una buona conquista storica per il governo di Netanyahu. Il problema è che in Medio Oriente in generale e in Israele in particolare, il rumore di fondo è la realtà, e non fa ben sperare per Netanyahu. Ha guadagnato qualche punto nel centro-sinistra, che ama gli accordi con gli arabi, ma ha perso più punti nella base dei suoi elettori di destra. Il motivo è semplice: tutti capiscono che la promessa di annessione è decaduta. Il sogno è svanito”. Ma questo forse già da tempo era solo un sogno destinato a rimanere tale. Molti analisti, infatti, sostengono che fra Israele e gli Emirati Arabi, già da tempo ci fosse una distensione anche solo a livello intese diplomatiche non ufficiali, determinata dalle rassicurazioni israeliane di non avere intenzione di operare nessuna annessione. Come in un gioco delle parti i due stati si guardavano in cagnesco in pubblico per poi parlarsi tranquillamente nelle “segrete stanze” . Ora, la relazione tra i due paesi è venuta clamorosamente allo scoperto È difficile vedere questo come qualcosa di diverso da una vittoria per Israele - difficile, ma a quanto pare, non impossibile. Nella progressiva Tel Aviv, il comune ha illuminato il suo edificio con i colori della bandiera degli Emirati. A Gerusalemme, politici di destra hanno invece rimproverato Netanyahu, definendo l'accordo un tradimento della promessa del primo ministro di portare formalmente le terre bibliche di Giudea e Samaria in Israele, una prospettiva denunciata da gran parte della comunità internazionale come illegale annessione. 

Il principale rivale di Bibi per la leadership dell'ala destra di Israele, Naftali Bennett, già ministro della Difesa e della economia, che ha molto criticato il premier per la sua gestione della pandemia, ha detto che "Netanyahu ha perso un'opportunità di un secolo". Bezalel Smotrich, un colono e legislatore con il blocco Yamina di Bennett, un'alleanza di partiti nazionalisti e ultranazionalisti, ha dichiarato furiosamente che "Netanyahu ha ingannato per anni gli elettori di destra con grande successo". È ora, ha detto, di "presentare una leadership alternativa". Ma se la destra estrema, i coloni, una minoranza della popolazione israeliana e i loro sostenitori non sono contenti per quella che considerano una sorta di resa di frinte alla possibilità di annessione della Cisgiordania, la stragrande maggioranza degli israeliani si rallegrava della notizia della normalizzazione con un altro paese arabo. Un sondaggio condotto tre giorni dopo l'annuncio ha rilevato che quasi l'80% degli israeliani preferisce la normalizzazione con gli Emirati Arabi Uniti rispetto all'annessione della Cisgiordania. Nel dettagliare l'accordo con gli Emirati Arabi Uniti, Netanyahu ha affrontato le richieste contrastanti di reclamizzare il risultato, mostrandosi un uomo di pace e placando le ansie della destra, senza il cui sostegno la sua carriera è finita. Il premier è apparso per la prima volta su Sky News Arabia. Le sue parole, tradotte in arabo, ha dichiarato: "Le persone nella regione sono stufe di guerre e conflitti". Parole impensabili sino a qualche mese in bocca a quello che veniva considerato come il vero ostacolo per un processo di pacificazione con i palestinesi. Forse dietro a questa mossa del premier israeliano potrebbe esserci anche, in qualche misura, lo zampino degli Stati Uniti del suo amico Donald Trump, alla disperata ricerca di trovare qualche trofeo da sfoderare negli ultimi mesi della sua campagna elettorale per la riconferma, che fino ad ora è tutta in salita. Netanyahu dal canto suo dopo mesi di estenuanti battaglie interne, forse, ha capito che doveva abbandonare la sua politica di destra oltranzista, per allargare il suo consenso, che pareva appunto in calo fra i suoi vecchi sostenitori. Alcuni credono che non avesse mai davvero inteso annettere la Cisgiordania, ed era solo una tattica politica per sostenere la sua base. Per ora, ha raggiunto due dei suoi obiettivi: uno a lungo termine, uno a breve termine. Guardando alla storia, 

Netanyahu, che è già il primo ministro israeliano più longevo, vuole assicurarsi il suo posto accanto ai suoi predecessori, Menachem Begin e Yitzhak Rabin, che hanno siglato accordi di pace con i vicini di Israele e gli ex nemici in Egitto e Giordania, rispettivamente. Ma deve anche affrontare le crisi più immediate che montano su ogni fronte. L'accordo con gli Emirati Arabi Uniti, per quanto storico, offre una gradita distrazione, un allargamento della lente oltre i problemi di oggi. Netanyahu non solo sta affrontando gravi problemi legali - il suo processo penale per accuse di corruzione dovrebbe iniziare l'anno prossimo - ma sembra che gli israeliani si siano stancati di lui. La normalizzazione con gli Emirati Arabi Uniti offre allora a Netanyahu l'opportunità di sostenere che, indipendentemente dai suoi fallimenti, sta riuscendo nella sfida più difficile e più importante che devono affrontare gli israeliani: la perenne ricerca di pace e sicurezza. La maggior parte degli israeliani è entusiasta dell'accordo con gli Emirati Arabi Uniti e si preoccupa molto di più della pace che della Cisgiordania. Sono entusiasti della possibilità di andare in vacanza a Dubai e della prospettiva che gli Emirati vadano in vacanza in Israele. Hanno a cuore le possibilità di avere buone relazioni nella loro regione, proprio come fanno gli altri paesi. Se l'accordo con gli Emirati Arabi Uniti sarà seguito da altri accordi di normalizzazione con i paesi arabi, come molti prevedono, Netanyahu cementerà il suo successo. Sicuramente cosi facendo guadagnerà un posto nei libri di storia. Che questo però poi garantisca o meno che rimarrà primo ministro è un'altra questione.

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