lunedì 27 gennaio 2020

IL DOLCE SAPORE DELLA SCONFITTA

Il centrodestra non è riuscito a dare la spallata forse decisiva al governo Conte. È Indubbio che il tentativo di Salvini spesosi come non mai in queste elezioni sia fallito. Sull'Emilia, malgrado si presentasse come una partita assai complicata, il leader leghista si è giocato molto. E senza probabilmente la novità della sardine la situazione, chissà, sarebbe potuta veramente  cambiare a suo favore come molti sondaggi pronosticavano. Ma con i se e con i ma non si fa la storia. Ormai è andata ed occorre voltar pagina. Fin dall'inizio di questa dura ed estenuante campagna elettorale per stessa ammissione del leader leghista, è parso chiaro che la contesa riguardasse lui e il governo Conte. Tutto il resto, compreso gli alleati e la sua stessa candidata presidente Borgonzoni, semplice contorno o strumenti per raggiungere il suo fine. Stefano Bonaccini rappresentava, infatti ai suoi occhi un bersaglio minore che una volta caduto avrebbe trascinati con sé tutto il PD e quindi il governo Conte, Tutto ciò era forse dettato anche dalla necessità di rafforzare la sua posizione, in leggero declino dopo la crisi di governo, sia all’interno della Lega stessa e sia soprattutto verso la coalizione di centrodestra e in particolar modo verso l'alleato più “pericoloso” in termini di consenso e cioè Giorgia Meloni. 
La Lega  è un partito molto particolare sia per come è nato e sia per questa sua nuova veste più nazionale e istituzionale. La sua base rimane quella della concretezza, e della fedeltà ai suoi valori ma anche molto attento alle gerarchie interne e fedele a chi si dimostra un condottiero di successo. E stato così per tanti anni con Bossi ed ora la cosa si sta ripetendo con il suo erede. La stessa politica del partito che si basa sulla esasperazione a volte dei temi ha bisogno più di altri del consenso e del successo. A Bossi bastava quello della sua gente del Nord, Salvini ha operato la grande trasformazione verso la Lega nazionale. Ma il compito chiaramente si complica. Certo che  per ora appare come una sorta di eresia discutere un leader come Salvini, capace di  portare in poco tempo la Lega dal 7% a diventare il primo partito italiano con oltre il 30% dei consensi.
 Ma paradossalmente tutto questo successo potrebbe anche averlo reso troppo sicuro di sé ( come potrebbe dimostrare proprio il caso Emilia) e far crescere comunque qualche malcontento, per ora tenuto sottotraccia, da parte di alcuni suoi maggiorenti di partito.Questa sconfitta piuttosto netta rischia infatti, di creare ulteriore malumore che va immediatamente soffocato sul nascere. E per fare questo occorre rimettersi di buona lena al lavoro magari, dopo magari aver fatto anche un piccolo bagno di umiltà, per tornare a vincere in occasione delle prossime elezioni previste per primavera. La sconfitta si sa rende il sovrano più debole e maggiormente attaccabile non solo dai nemici, ma anche dai tanti che teramano nelle retrovie perché aspirano in qualche modo a più potere o addirittura al suo stesso “trono”
. Ma mentre sul nemico continuano ad esistere grandi interrogativi sulla sua reale forza, considerando  che lo stesso  Zingaretti, nella notte post voto nel suo primo commento a caldo, ha candidamente riconosciuto il determinante ruolo che le sardine hanno avuto nella vittoria. Insomma non proprio una grande dimostrazione di forza, dopo che lo stesso leader volontariamente si è tenuto bene alla larga dalla campagna elettorale in Emilia Romagna, fatto più unico che raro nella lunga storia repubblicana di questo paese. Ecco allora che forse, stante la impossibilità per ora di andare al voto, e considerando che la sua leadership all interno della Lega appare ancora ben salda, le sue preoccupazioni maggiori forse potrebbero riguardare i suoi alleati di coalizione, Silvio Berlusconi ma sopratutto Giorgia Meloni. Anche perché occorre dirlo fin da subito, ancora una volta se c è chi può dirsi ben soddisfatto del voto sia in Emilia che in Calabria è forse proprio fratelli d'Italia. Il partito della Meloni sembra confermarsi, infatti, anche nella rossa Emilia come il terzo partito ed in Calabria conquistare la stessa percentuale di voti supergiu della Lega. Ecco perché siamo certi che questa sconfitta probabilmente avrà un retrogusto molto meno amaro di quanto che potrebbe apparire per i vertici di fratelli d'Italia che indubbiamente vedono inevitabilmente crescere il loro peso specifico. Salvini non potrà più alzare troppo la cresta in tema di candidature come fatto prima del voto, sia con la Puglia che con la Campania. La sua aurea di invincibilità è stata scalfita e questo avrà la conseguenza di dover essere maggiormente accondiscendente con chi, come Giorgia Meloni sta sopportando pazientemente le sue ripetute “scorribande” solitarie ( candidature voto Gregoretti legge elettorale  maggioritaria)  ma che presto potrebbe anche chiederne conto. La situazione è ancora molto fluida con il governo che dovrebbe rafforzarsi, anche se rimane aperto l'enigma di cosa potrà fare un movimento cinque stelle disperato e ormai dissolto sia come forza politica che come movimento stesso ma ancora con un peso specifico importante nella maggioranza. Certo è che osservando la situazione che potrebbe crearsi nei due schieramenti ormai polarizzati si potrebbe commentare che  alle volte certe sconfitte potrebbero alla lunga avere più valore di certe risicate vittorie.

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